L’attestazione «blinda» l’originale destinato alla conservazione sostitutiva digitale
I processi di conservazione sostitutiva si applicano sia ai documenti che nascono digitali e che vengono, quindi, archiviati e conservati “direttamente” in modalità digitale, sia ai documenti che nascono analogici, i quali possono essere opportunamente dematerializzati (attraverso la memorizzazione della relativa immagine) e successivamente conservati in un archivio digitale. Si tratta di due procedure di conservazione distinte, con caratteristiche proprie e che prevedono il rispetto di modalità, tempistiche e adempimenti peculiari.
Quando si parla di documenti informatici, il riferimento principale è al Cad, Codice dell’amministrazione digitale (Dlgs 82/2015), e ai decreti che ad esso hanno dato attuazione, i Dpcm 22 febbraio 2013, 3 dicembre 2013 e 13 novembre 2014, rispettivamente in tema di regole tecniche per le firme elettroniche, la conservazione e la formazione dei documenti informatici, sostitutivi della precedente delibera Cnipa 11/2004 e destinati ad essere sostituiti dalle linee guida emanate dall’Agid in attuazione del nuovo articolo 71 del Cad, modificato dal Dlgs 217/2017.
Con specifico riferimento all’ambito tributario occorre riferirsi al Dm 17 giugno 2014 («Modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto»), tuttora valido.
I documenti analogici originali non unici in base all’articolo 1, lettera v), del Cad, sono quelli «per i quali è possibile risalire al loro contenuto attraverso altre scritture o documenti di cui sia obbligatoria la conservazione, anche se in possesso di terzi».
Ciò comporta che il processo di conservazione elettronica di tali documenti analogici originali è correttamente perfezionato, in base agli articoli 3 e 4 del Dm 17 giugno 2014 – con conseguente, successiva possibilità di distruzione dell’originale (si veda l’articolo 4, comma 3, dello stesso Dm) – senza necessità dell’intervento di un pubblico ufficiale che attesti la conformità all’originale delle copie informatiche e delle copie per immagine su supporto informatico, prescritto dall’articolo 4, comma 2.
Tuttavia, qualora il documento analogico non consenta di risalire al suo contenuto attraverso altre scritture o documenti di cui sia obbligatoria la conservazione, anche se in possesso di terzi, ed abbia pertanto natura di documento analogico originale unico, la relativa conservazione elettronica necessita dell’intervento del pubblico ufficiale prescritto dal già richiamato articolo 4, comma 2, del Dm 17 giugno 2014 (sulla definizione di pubblico ufficiale, in generale, può richiamarsi la circolare 36/E/2006, punto 8.3).
Alla stessa conclusione, sulla base di quanto chiarito dalla risoluzione 96/E/2017, deve giungersi nelle ipotesi in cui i documenti siano emessi da soggetti economici esteri di Paesi extra Ue, con i quali non esiste una reciproca assistenza in materia fiscale.
In questo caso, infatti, viene meno per l’Amministrazione finanziaria la possibilità – tanto astratta, quanto concreta – di ricostruire il contenuto dei documenti attraverso altre scritture in possesso di terzi. Pertanto, anche alla luce degli obblighi generali previsti dall’ordinamento a carico delle parti, saranno considerati originali unici, con tutte le conseguenze del caso sulla loro conservazione.