Contabilità

L’esdebitazione diventerà possibile ai non imprenditori

di Niccolò Nisivoccia

La delega sulla riforma delle crisi d’impresa interviene anche sull’ esdebitazione , oggi regolata dagli articoli 142 e seguenti della Legge fallimentare e consistente nella liberazione del fallito da tutti i debiti non soddisfatti nel fallimento. L’esdebitazione era stata introdotta dalla riforma del 2006, per derivazione da altri ordinamenti, dov’era già storicamente presente (Regno Unito, Usa e Germania).

La natura dell’esdebitazione non cambia, per quanto diverse ne siano le discipline da un ordinamento all’altro: dovunque prevista, è una misura premiale per il fallito, ispirata a logiche di sua tutela. L’articolo 142 la definisce espressamente come beneficio cui il fallito può accedere quando ricorrano certi presupposti e la relazione ministeriale che accompagnava la riforma del 2006 dava atto che l’intenzione del legislatore era «recuperare l’attività economica del fallito per permettergli un nuovo inizio, una volta azzerate tutte le posizioni debitorie».

Nella disciplina attuale, l’esdebitazione può essere chiesta solo da persone fisiche (imprenditori commerciali individuali e – indipendentemente dal fatto di essere disposti a considerarli quali imprenditori commerciali a loro volta – dai soci illimitatamente responsabili di società fallite, i quali siano falliti per estensione ai sensi dell’articolo 147, nei limiti in cui anche tali soggetti siano persone fisiche). Quindi non possono accedervi né gli imprenditori commerciali collettivi (le società) né coloro che non possano essere neppure assoggettati a fallimento (perché non qualificabili imprenditori commerciali o perché – seppure qualificabili come tali – sprovvisti dei requisiti dimensionali). Inoltre, la domanda di esdebitazione può essere avanzata solo chiusa la procedura e solo se i crediti concorsuali sono stati pagati almeno in parte.

La riforma intende ampliare il beneficio. In primo luogo, dovrà consentire di chiedere l’esdebitazione dal terzo anno successivo all’apertura della procedura. Quindi l’esdebitazione potrà essere concessa anche a fallimento in corso e anche quando i crediti concorsuali non siano stati ancora pagati neanche in parte, a condizione che il fallito abbia «collaborato con gli organi della procedura». In secondo luogo, e soprattutto, dovrebbe poter godere dell’esdebitazione chiunque, non più solo il fallito persona fisica. Quindi dovrebbero poter goderne sia le società, per espressa previsione («previo riscontro dei presupposti di meritevolezza in capo agli amministratori e, nel caso di società di persone, in capo ai soci») sia i piccoli imprenditori, come sembra desumersi dall’invito al legislatore delegato a «introdurre particolari forme di esdebitazione di diritto riservate alle insolvenze minori».

È ragionevole immaginare che la riforma consentirà l’esdebitazione anche agli imprenditori non commerciali: il fallimento si chiamerà liquidazione giudiziale e non sarà più per soli imprenditori commerciali, regolando crisi e insolvenza di «ogni categoria di debitore, sia esso persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un’attività commerciale, agricola o artigianale, con esclusione dei soli enti pubblici».

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