L’istanza di rottamazione non basta a chiudere i contenziosi
Le prime
Come conferma l’agenzia delle Entrate, nella circolare 2/E del 2017, ciò che rileva ai fini delle controversie in corso, non è la mera presentazione della domanda, entro il prossimo 21 aprile, ma la conclusione con esito positivo della rottamazione. Ciò si verifica solo con il puntuale pagamento delle somme dovute in ciascuna rata. La conferma della correttezza di tale assunto è contenuta nella parte della circolare in cui si afferma a chiare lettere che l’istanza di definizione è valida anche se non si barra la casella della rinuncia alla prosecuzione delle liti.
Inoltre, è stato affermato a chiare lettere che, malgrado l’ambigua formulazione della norma di legge, l’istituto processuale attraverso il quale si riversa nel giudizio il perfezionamento della sanatoria è la cessazione della materia del contendere, e non la rinuncia al ricorso. Ciò che si ottiene, infatti, con la rottamazione è la cristallizzazione della pretesa sostanziale che determina conseguentemente il venir meno delle ragioni del contendere nei riguardi di tutte le parti del processo, quali esse siano (agenzia delle Entrate o Equitalia).
Alla luce di quanto sopra, pertanto, non è condivisibile l’ordinanza 5497/2017 della Corte di cassazione. In tale pronuncia, il ricorrente aveva chiesto fosse dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, per effetto della mera presentazione della domanda. La Corte ha accolto la richiesta di parte, alla quale, si ritiene, la controparte erariale non si era opposta. Va detto tuttavia che, nel caso risolto dalla Cassazione, il contribuente era stato soccombente in secondo grado ed era appellante. Ne consegue che l’unico soggetto che aveva interesse a non perdere il diritto all’azione giudiziaria era quest’ultimo, e non l’ufficio.
Si comprende, pertanto, per quale ragione, in presenza di una espressa richiesta dell’interessato, effettuata senza l’opposizione dell’erario, il giudice di legittimità abbia dichiarato la cessazione della materia del contendere. Dovrebbe invece ritenersi pacifico che la dinamica sarebbe stata diversa se le Entrate fossero state appellanti, anche solo incidentali. In tale eventualità, infatti, il Fisco non avrebbe potuto aderire alla richiesta di cessazione della materia del contendere, in assenza dell’integrale versamento delle somme dovute.
I comportamenti dei soggetti coinvolti spiegano anche l’ordinanza 8377/2017 della Cassazione. In tale pronuncia, la Suprema Corte, in apparente contrasto con il precedente sopra citato, ha dichiarato l’estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso, condannando il contribuente al pagamento delle spese processuali. Anche in questo caso, l’esito non condivisibile è stato determinato dalla condotta del ricorrente che ha presentato istanza di rinuncia agli atti. La Cassazione ha quindi applicato il disposto dell’articolo 44, Dlgs 546/92. Il soggetto passivo avrebbe invece dovuto presentare richiesta di cessazione della materia del contendere, con conseguente compensazione delle spese, ai sensi dell’articolo 46, Dlgs 546/92.
Da ultimo una riflessione, in ordine alle prospettive dell’annunciata definizione delle liti pendenti. In attesa di valutare i termini di convenienza della futura sanatoria, si potrebbe presentare l’istanza di rottamazione, riservandosi di decidere se pagare o meno la rata di luglio. Omettendone il versamento, infatti, si decade dalla procedura, con l’effetto che resta in vita il contenzioso e con esso le chance per la sua chiusura agevolata. Va ricordato che in tal caso, di regola, il debito residuo non può più essere dilazionato.