Contabilità

La cessione di quote non fa scattare l’obbligo di gara

di Giovanbattista Tona

La cessione di quote con mutamenti degli assetti societari nell’ambito di un concordato preventivo in continuità non è sottoposto al vincolo della procedura competitiva prevista dall’articolo 163bis della legge fallimentare vigente. Lo ha stabilito il Tribunale di Napoli con decreto del 4 luglio 2018. Anche questa sentenza è in linea con quanto previsto dal nuovo Codice della crisi che oltre a fissare con chiarezza le ipotesi in cui deve essere seguita la procedura competitiva nel piano di concordato, sottolinea la diversa posizione degli investitori che possono acquistare quote della società in procedura concordataria senza procedura competitiva.

Una società era stata ammessa al concordato preventivo in continuità aziendale, approvando un piano che si fondava sul mutamento dell’assetto proprietario grazie all’intervento di un massiccio investimento straniero. L’investitore aveva formulato una proposta che mirava al rafforzamento patrimoniale, economico e finanziario attraverso un aumento di capitale e un finanziamento prededucibile di una somma che, insieme alla disponibilità di cassa da prodursi con i flussi derivanti dalla continuità aziendale, doveva soddisfare tutti i creditori.

Tra le condizioni vi era però l’annullamento di tutte le azioni della società in circolazione, la rinunzia dei soci alle opzioni, l’offerta in sottoscrizione dell’aumento di capitale in via esclusiva all’investitore, le dimissioni di tutti i componenti del consiglio di amministrazione con rinuncia ad ogni pretesa.

Veniva quindi contestata, l’irregolarità del concordato, poiché trasferiva di fatto l’intera azienda all’investitore senza prevedere una procedura competitiva che permettesse a tutti gli interessati di partecipare con proprie offerte.

Il Tribunale di Napoli le ha respinte. Gli opponenti chiedevano l’applicazione dell’articolo163bis legge fallimentare che a loro avviso pone la regola generale della procedura competitiva. La norma tuttavia disciplina l’ipotesi della vendita dell’azienda o di un suo ramo.

Cosa diversa è l’ingresso nel capitale sociale di un nuovo socio, attuato attraverso una delibera di riduzione, e successivo aumento, con rinuncia al diritto di opzione.

Solo il trasferimento del bene della società a terzi è oggetto della procedura competitiva obbligatoria. Questo vincolo si estende al caso in cui la società debitrice realizzi un’operazione di modificazione degli assetti proprietari, tramite un aumento del capitale sociale, rispetto al quale i soggetti giuridici titolari dei beni oggetto di atto dispositivo (come la rinuncia al diritto di opzione) sono i soci e soltanto i soci.

I giudici napoletani richiamano un precedente del Tribunale di Vicenza del 4 ottobre 2016 che aveva escluso l’applicabilità dell’articolo 163bis della legge fallimentare alle ipotesi di aumento di capitale, sottolineando come la ratio di quella norma è assicurare il massimo soddisfacimento dei creditori con una procedura competitiva che liquidi al miglior prezzo i beni della società.

Peraltro l’articolo 182 quater della legge fallimentare incentiva gli investimenti realizzati per rilanciare l’impresa e ottimizzare l’interesse creditorio, garantendo la prededucibilità quale misura premiale.

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