Adempimenti

La «zona grigia» tra white e black list complica la compilazione di RW

Alcuni Paesi collaborativi per lo scambio di informazioni restano nelle liste nere sotto il profilo accertativo

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di Nicola Fasano

Nella compilazione del quadro RW si guarda ai Paesi “non collaborativi”, ossia a Stati diversi da quelli inclusi nella white list (di cui al Dm 4 settembre 1996 e successive modifiche), per monitorare le partecipazioni dei titolari effettivi in società estere con l’approccio «per trasparenza» (look through) e i picchi massimi dei conti correnti. I Paesi black list, invece, rilevano ai fini dell’accertamento basato sulla presunzione secondo cui il capitale all’estero non dichiarato si è formato con redditi sottratti a tassazione, impattando anche su termini e sanzioni che sono raddoppiati secondo quanto previsto dall’articolo 12, Dl 78/2009.

Ne deriva un quadro “geografico” poco chiaro e spesso contraddittorio che può creare confusione in sede di compilazione del quadro RW o di calcolo delle sanzioni in caso di ravvedimento.

Emblematico è il caso della Svizzera. Oggi è un Paese collaborativo, tanto da essere incluso nell’elenco del Dm 4 settembre 1996 in forza delle modifiche apportate allo stesso dal Dm 9 agosto 2016: perciò non vi sono più appesantimenti dichiarativi ai fini del monitoraggio fiscale. La stessa Svizzera, però, continua ad essere inclusa nella black list sulla residenza delle persone fisiche (Dm 4 maggio 1999) richiamata dall’articolo 12, Dl 78/2009 con tutto ciò che ne consegue sotto il profilo accertativo.

Ricordiamo che la white list include i Paesi collaborativi che accordano lo scambio di informazioni con l’Italia. Sotto il profilo del monitoraggio, in base a quanto previsto e chiarito dall’agenzia delle Entrate (provvedimento 18 dicembre 2013, n. 151663, e circolare 38/E/2013) i titolari effettivi di società estere localizzate in Paesi non collaborativi devono indicare in RW il valore degli asset in pancia alla società in luogo del valore nominale della partecipazione, cosa che rende molto più complessa la compilazione del quadro. Parimenti, gli intestatari di conti esteri detenuti in Paesi non collaborativi, sono tenuti ad indicare oltre al valore iniziale e alla giacenza media degli stessi, anche il picco massimo raggiunto nel corso dell’anno oggetto di dichiarazione. Titolari effettivi sono, in prima approssimazione, coloro che detengono più del 25% del capitale.

Le black list, invece, richiamate ai fini accertativi e sanzionatori (articolo 12, Dl 78/2009 e articolo 5, Dl 167/1990) formalmente sono quella del 1999 relativa alla residenza delle persone fisiche e la vecchia lista in materia di Cfc (Dm 21 novembre 2001), comunque ormai superata dalla individuazione dinamica, e non più sulla scorta di elenchi, dei Paesi da considerarsi a fiscalità privilegiata, in base al criterio principale di una tassazione non congrua rispetto a quella italiana (secondo quanto previsto dall’articolo 47-bis e 167, comma 4, Tuir) che peraltro rende ancora più complessa e incerta l’individuazione di tali Paesi, da verificare anno per anno.

In sostanza, appare evidente come il legislatore, anche alla luce della piena operatività dello scambio di informazioni basato sui Crs e per disinnescare probabile contenzioso sul punto, dovrebbe intervenire per semplificare il quadro sopra delineato, puntando a premiare in ambito RW, sia in fase compilativa che in fase accertativa, i Paesi che accordano lo scambio di informazioni e penalizzando solo gli investimenti negli Stati che ne restano fuori.

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