Imposte

Leasing, il rebus dei beni in bilancio

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di Franco Roscini Vitali

La legge sulla concorrenza ( legge n. 124 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto ) ha disciplinato il contratto di leasing finanziario che trova ora una propria definizione e la relativa disciplina giuridica.

Il leasing è definito il contratto con il quale l’utilizzatore del bene ottiene la detenzione dello stesso per un dato periodo di tempo verso un determinato corrispettivo, che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto, con diritto alla scadenza di acquistarne la proprietà a un prezzo prestabilito. Inoltre, è precisato che l’utilizzatore assume tutti i rischi che derivano dalla gestione del bene.

A questo punto il legislatore dovrebbe rivedere le norme in materia di redazione del bilancio, prevedendo l’iscrizione dei beni in leasing nello stato patrimoniale dell’utilizzatore il quale, come accennato, assume i rischi derivanti dall’utilizzo del bene.

La relazione al Dlgs 139/15 , commentando il principio della prevalenza della sostanza economica dell’operazione o del contratto rispetto alla forma giuridica introdotto nell’articolo 2423-bis del Codice civile, ha precisato che, per il momento, la contabilizzazione del leasing resta immutata perché si è ritenuto preferibile mantenere l’attuale impianto normativo in attesa che si definisca il quadro internazionale e si possa riorganizzare la materia in modo complessivo.

Il quadro internazionale è ora definito, anche se le nuove regole saranno applicate obbligatoriamente dal 2019 una volta terminato il processo di omologazione, fatta salva l’applicazione anticipata. Il nuovo Ifrs 16 abbandona la distinzione tra leasing finanziari e operativi e prevede un unico modello contabile che impone la contabilizzazione nell’attivo dello stato patrimoniale del diritto di utilizzo del bene e nel passivo del debito.

È un modello che il nostro legislatore potrà seguire anche solo in parte, mantenendo, se del caso e a determinate condizioni, l’attuale distinzione tra le due tipologie di leasing.

Non si deve dimenticare che le informazioni relative ai leasing operativi devono essere fornite nella nota integrativa in quanto si tratta di «impegni», nonché di «accordi fuori bilancio».

Nei principali Paesi comunitari i beni in leasing (finanziario) sono iscritti nell’attivo e nel passivo è iscritto il debito: l’ammortamento avviene in modo analogo ai beni di proprietà. Nel nostro Paese il problema non è tanto la mancata iscrizione dei beni nell’attivo del bilancio, ma la mancata iscrizione dei debiti relativi ai canoni residui: è vero che queste informazioni si trovano nella nota integrativa (articolo 2427, n. 22, del Codice civile), che è parte bilancio, ma il lettore deve ricostruire l’indebitamento in via extracontabile.

La mancata iscrizione dei beni in leasing, nello stato patrimoniale dell’utilizzatore, comporta distorsioni anche nel conto economico, perché sono contabilizzati nell’area gestionale i canoni di locazione, che comprendono anche la componente finanziaria, in luogo degli ammortamenti. Questo, tra l’altro, genera distorsioni anche nella valorizzazione delle rimanenze di fine esercizio che sono influenzate da costi “sospesi” non correttamente calcolati nella determinazione del costo di produzione, almeno per due ragioni: presenza della componente finanziaria e durata del leasing, generalmente diversa da quella dell’ammortamento.

Pertanto, il legislatore dovrebbe rivedere la scelta operata con la riforma del 2003, risolvendo così anche i problemi fiscali che sono la conseguenza dell’attuale metodologia di contabilizzazione del leasing finanziario: il trattamento fiscale, come già avviene per le imprese che applicano i principi contabili internazionali, seguirebbe le norme relative ai beni di proprietà.

I punti chiave della nuova legge

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