Legittimo il rimborso dei crediti di imposta sui dividendi percepiti da una società Ue
Il diritto al rimborso dei crediti di imposta sui dividendi percepiti da una società appartenente all’Unione Europea è legittimo in quanto lo Stato italiano, avendo assoggettato i dividendi distribuiti a società stabilite in altri Stati membri a un regime fiscale meno favorevole rispetto a quello applicato ai dividendi distribuiti alle società residenti, è venuto meno agli obblighi previsti dall’articolo 56 del trattato Ue e tale differenza di trattamento non può venire superata dalla circostanza che le convenzioni avverso le doppie imposizioni prevedano la possibilità di detrarre l’imposta trattenuta alla fonte in Italia da quella dovuta nell’altro Stato estero.
A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione attraverso la sentenza n. 28573/2017 depositata in cancelleria il 29 novembre scorso.
La controversia concerne il diritto al rimborso dei crediti di imposta sui dividendi vantati e percepiti da due limited inglesi, rispetto ai quali erano stati emessi provvedimenti di diniego del rimborso da parte del centro operativo dell’Agenzia delle Entrate, incentrati sul rilievo che non sussistevano i presupposti per l’applicazione dell’art. 10 co. 4 della convenzione avverso le doppie imposizioni, sottoscritta tra l’Italia e il Regno Unito e resa esecutiva in Italia mediante la legge n. 329 del 5 novembre 1990.
Il diniego veniva motivato dalla circostanza che le società rivestivano la forma di “fondi pensione” e non potevano, pertanto, beneficiare della convenzione predetta e, conseguentemente, non competeva alcun diritto al rimborso sui crediti di imposta sui dividendi in quanto all’epoca, i fondi pensione non venivano assoggettati ad alcuna imposizione nel Regno Unito.
La Ctp di Pescara accoglieva i ricorsi delle società inglesi e avverso la sentenza di primo grado l’Agenzia delle Entrate proponeva appello, rigettato anch’esso dalla Ctr dell’Abruzzo sul rilievo che, in forza della dichiarazione rilasciata dall’autorità fiscale della Gran Bretagna, la titolarità del reddito non era da considerarsi in capo al fondo pensioni, come sostenuto dall’Ufficio, ma bensì in capo alle compagnie assicurative inglesi sulle quali il fondo costituiva un patrimonio di destinazione privo di soggettività giuridica. I Giudici abruzzesi hanno rappresentato inoltre che la Corte di Giustizia europea, con la sentenza 19 novembre 2009 afferente alla causa C-540/07 , aveva stabilito che lo Stato italiano, avendo assoggettato i dividendi distribuiti da società stabilite in altri stati membri a un regime fiscale meno favorevole di quello applicato sui dividendi distribuiti alle società residenti, era venuto meno agli obblighi previsti dall’articolo 56 del trattato UE e tale differenza di trattamento non poteva ritenersi superata dalla circostanza che le convenzioni contro le doppie imposizioni prevedessero la possibilità di detrarre l’imposta trattenuta alla fonte in Italia da quella dovuta nell’altro Stato membro.
Avverso la sentenza della Ctr l’ufficio proponeva ricorso per Cassazione nei confronti del quale la prima limited si costituiva in giudizio con controricorso mentre la seconda proponeva ricorso incidentale condizionato.
A parere del Collegio di legittimità, tuttavia, i motivi del ricorso dell’Ufficio risultavano essere infondati in quanto - in ossequio al principio per il quale l’interpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea risulta essere immediatamente applicabile nell’ordinamento interno, imponendo al Giudice nazionale di disapplicare le disposizioni dell’ordinamento che, sia pure all’esito di una corretta interpretazione, risultino in contrasto o incompatibili con essa - la decisone resa il 19 novembre 2009 nella causa C-540107 dalla Corte di Giustizia UE si rivelava perfettamente applicabile al caso in esame.
Si tratta invero di una qualificazione giuridica della fattispecie sulla base della sentenza che consentiva di addivenire alla decisione della causa in senso favorevole ai contribuenti in quanto, la Corte di Giustizia europea aveva statuito che la Repubblica Italiana aveva violato l’art. 56 del trattato e l’art. 40 dell’accordo SEE in materia di libera circolazione dei capitali tra gli stati membri e tra quelli aderenti allo spazio economico europeo, avendo mantenuto in vigore un regime fiscale più oneroso per i dividendi distribuiti a società residenti negli altri stati membri e negli altri stati aderenti allo SEE rispetto a quello applicato ai dividendi distribuiti a società residenti.
In forza di tale sentenza pertanto lo Stato italiano non disponeva di alcun titolo per assoggettare a imposta i dividendi percepiti in Gran Bretagna in quanto l’imposizione tributaria era avvenuta sulla base di una norma illegittima con la conseguenza che l’istanza di rimborso presentata dalla contribuente avrebbe dovuto essere accolta in forza di tale motivazione.
La sentenza n.28573/17 della Cassazione