Liti e cartelle, sanatoria cumulata
Il nuovo istituto della definizione delle liti pendenti, secondo l’attuale versione del decreto legge sulla manovra correttiva, è strettamente collegato alla rottamazione dei ruoli. Nel testo viene precisato che qualora gli importi rientrino in tutto o in parte anche nell’ambito di applicazione della rottamazione delle cartelle, il contribuente deve essersi comunque avvalso di quest’ultima definizione. Ne consegue, quindi, che non si tratta di un nuovo istituto alternativo al precedente, ma prodromico per la definizione della lite. Questa previsione, però, induce necessariamente ad alcune riflessioni di carattere pratico.
Gli atti rientranti in entrambe le definizioni
Se il provvedimento impositivo impugnato dinanzi al giudice risultava, interamente o parzialmente, iscritto a ruolo entro il 31 dicembre 2016, poteva rientrare nella rottamazione. La parte eventualmente non iscritta a ruolo, però, rimaneva soggetta al giudizio. Ora, invece, con la nuova definizione, se il ricorso è stato depositato entro lo stesso termine ovvero per le impugnazioni dei gradi successivi, la pronuncia non è divenuta definitiva ed è possibile aderire alla definizione delle liti.
Con l’adesione combinata di rottamazione e definizione della lite, il contribuente può così beneficiare dell’abbattimento di sanzioni e interessi anche sulla parte pendente in giudizio, ma non iscritta a ruolo. Tuttavia, questo induce a ritenere necessaria una proroga del termine per aderire alla rottamazione. Solo così, infatti, il contribuente che in prima battuta aveva escluso il vecchio istituto per scarsa convenienza, potrebbe valutare la propria posizione alla luce delle due definizioni.
Gli atti rientranti solo nella definizione delle liti
Tra le più evidenti disparità contenute nella rottamazione, c’era l’esclusione dei soggetti il cui atto impugnato non risultava iscritto a ruolo. È il caso di chi è risultato vittorioso in primo o in secondo grado e pertanto la pretesa, frazionata o meno, è stata annullata dall’Ufficio. In queste ipotesi, l’interessato non poteva beneficiare della rottamazione, con la conseguenza che un’eventuale soccombenza nel grado successivo, lo avrebbe penalizzato rispetto a chi aveva definito la propria posizione. Con il nuovo istituto, invece, a prescindere da quanto risulta iscritto a ruolo, il contribuente potrà definire la lite più o meno alle stesse condizioni.
Gli atti rientranti solo nella rottamazione
Per le cartelle di pagamento, per le quali l’iscrizione a ruolo, è preliminare alla notifica, il ricorso potrebbe essere stato presentato oltre il 31 dicembre 2016. Ne consegue così che tali provvedimenti si possono definire solo con l’adesione alla rottamazione e non alle liti.
Il quadro complessivo
In ogni caso se da un lato la nuova norma pare aver risolto alcune disparità contenute nella rottamazione, dall’altro ne sono state create altre particolarmente rilevanti. È innanzitutto singolare che il riferimento della definizione sia l’atto emesso dall’amministrazione e non l’eventuale sentenza che ha rettificato (o annullato) tale atto.
Da segnalare poi che la norma consentirebbe un beneficio maggiore sugli interessi per chi può aderire solo alla definizione della lite. Dal testo, infatti, emerge che gli interessi per ritardata iscrizione sono dovuti nella misura calcolata fino al sessantesimo giorno dalla notifica dell’atto impugnato. Nella rottamazione, invece, questi interessi sono dovuti per intero. Se per piccole somme iscritte a ruolo, questo potrebbe risultare quasi irrilevante, per ingenti importi, la differenza potrebbe riguardare anche diverse migliaia di euro.
Va da sé, che chi si trova nella condizione di dover aderire ad entrambi gli istituti, di fatto paga somme superiori senza un’evidente ragione.
Infine, rimane un’inspiegabile diversità di trattamento per gli atti sanzionatori: se risultavano iscritti a ruolo, con la rottamazione, non era dovuta alcuna somma; se, invece, occorrerà definirli attraverso il nuovo istituto, il contribuente dovrà versare il 40 per cento.