Controlli e liti

Ne bis in idem, ammesse due sanzioni

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di Antonio Iorio

Cambio di rotta dei giudici comunitari sul ne bis in idem, più difficile la sua configurazione e su questa nuova interpretazione i giudici italiani potranno adattare le proprie decisione. È quanto emerge, in estrema sintesi, dall’analisi dell’ufficio del Massimario della Cassazione nella recente relazione ( 26/2017 ) dedicata al discusso istituto. In attesa che la Corte europea e la Corte costituzionale si pronuncino nuovamente sulla annosa questione, l’ufficio del Massimario con una approfondita relazione fa il punto sullo stato della giurisprudenza nazionale e comunitaria in materia e, soprattutto, tenta di individuare l’evoluzione della giurisprudenza internazionale.

Il contrasto

Negli ultimi anni si è determinata una sostanziale divergenza sull’applicazione del ne bis in idem tra giudici comunitari e nazionali. Come noto la questione concerne il divieto di perseguire lo stesso trasgressore due volte (il bis) per il medesimo fatto/violazione (l’idem).

Tra le principali questioni che contrappongono l’interpretazione comunitaria a quella nazionale vi è l’ambito della categoria dell’illecito penale.

In campo comunitario si ha più riguardo ad un concetto sostanziale facendo così rientrare nella definizione di sanzione penale anche quella amministrativa se particolarmente afflittiva (come potrebbero essere le varie sanzioni tributarie), mentre, a livello nazionale, viene in genere operata più una distinzione formalistica escludendo dalle sanzioni penali quelle non previste come tali dall’ordinamento ancorchè particolarmente afflittive.

Da tale situazione sono scaturiti provvedimenti di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, oltre che questioni di legittimità costituzionale (violazione del parametro di cui all’articolo 117 Cost.)

Il nuovo orientamento

La relazione rappresenta che la sopradescritta situazione sembra essere mutata per l’intervento della Grande chambre della Corte Edu che, con la sentenza A e B/Norvegia del 15/11/16, n. 24130/11 (non ancora tradotta ufficialmente in lingua italiana), ha segnato una battuta d’arresto rispetto alle precedenti interpretazioni sul ne bis in idem. La Grande Camera, infatti, pare introdurre una nuova linea interpretativa per dirimere le violazioni del principio in esame, basata su valutazioni di ordine processuale e procedimentale. In particolare viene ora evidenziato (circostanza in passato sostanzialmente non ammessa) che i procedimenti sanzionatori, penale ed amministrativo, possono coesistere qualora si ritenga sussistente tra loro una “connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta”. Si ammette, in altre parole, sia la conduzione parallela sia non contemporanea dei due procedimenti sullo stesso fatto, purchè il soggetto sottoposto al “doppio binario sanzionatorio” non subisca un pregiudizio sproporzionato derivante da un perdurante stato di incertezza processuale; sotto il profilo sostanziale, i giudici europei individuano una serie di indicatori per evitare il bis in idem: la diversa finalità dei procedimenti, la prevedibilità della duplicazione di procedimenti e sanzioni da parte dell’autore della condotta, la conduzione integrata dei procedimenti, in modo da evitare la duplicazione nella raccolta e nella valutazione delle prove, la considerazione nel secondo procedimento dell’entità della sanzione inflitta nel primo, in modo che venga in ogni caso rispettata l’esigenza di una proporzionalità complessiva della pena.

Secondo il Massimario, questa nuova pronuncia Cedu comporta, da un lato, che non sono più pressanti i dubbi di incompatibilità con il sistema comunitario di alcuni sistemi del nostro ordinamento interno calibrati sul ’doppio binario’ sanzionatorio (in materia tributaria e di abusi di mercato soprattutto); dall’altro, che diventa essenziale, per le sorti future dell’operatività del principio di ne bis in idem, l’orientamento che intenderà assumere in merito la Corte di Giustizia europea di cui si attende una imminente pronuncia.

Cassazione, Ufficio del massimario penale, relazione di orientamento n. 26 del 21 marzo 2017

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