Niente rivalsa da accertamento nei confronti di una società estinta
L’agenzia delle Entrate conferma la sua posizione sull’impossibilità di esercitare la rivalsa da accertamento nei confronti di una società estinta. La posizione, seppur formalmente in linea con la legislazione nazionale, è in contrasto con i principi ribaditi di recente (9 maggio 2019) dalla Corte di giustizia che ribadisce l’inviolabilità sostanziale del principio di neutralità dell’imposta.
Il principio espresso con la risposta 176/2019, pubblicata il 31 maggio, conferma la posizione assunta nello scorso novembre con la risposta n. 84. Come in quell’occasione, viene ribadito che l’Iva da accertamento versata dal cedente/prestatore non può essere più recuperata, quando di fatto il diritto di rivalsa è impedito a causa della cancellazione del cessionario/committente dal registro dell’imprese. Nello specifico, nel caso presentato al vaglio dell’Amministrazione finanziaria, la società istante si era vista recuperare l’Iva sulla base di un pvc poiché l’operazione di cessione da questa effettuata avrebbe integrato un’operazione di cessione interna piuttosto che una cessione all’esportazione. La società, pertanto, chiede se una volta versata l’imposta a titolo definitivo all’Erario, possa esercitare il diritto di rivalsa previsto dall’articolo 60, comma 7, Dpr 633/1972 attraverso l’emissione di una nota di variazione in diminuzione annotata solo nel registro acquisti. Ciò in quanto la società committente è un soggetto estinto. Come anticipato, la risposta delle Entrate non è innovativa. Il fatto che manchi un soggetto destinatario dell’azione di rivalsa ne impedisce l’esercizio del diritto da parte del cedente, il quale avrebbe come unica possibilità, per recuperare dell’Iva pagata all’Erario ma non incassata, quella di ricorrere alla tutela civilistica.
L’orientamento di prassi, sebbene inconfutabile in quanto applicazione pratica di una norma –l’articolo 60, comma 7, Dpr 633/1972 – resta per certi versi discutibile se considerato in riferimento ai principi che regolano l’imposta, in primis la neutralità. Del resto la stessa ratio della norma in argomento risiede nell’esigenza di garantire al soggetto passivo, destinatario di un avviso di accertamento, la possibilità di rivalersi dell’Iva accertata nei confronti cessionario/committente, in modo da non risultare inciso dell’imposta versata, che in definitiva dovrebbe gravare esclusivamente sul consumatore finale e non nei passaggi intermedi del ciclo produttivo. Qualora la facoltà di rivalsa risulti impedita nella pratica da una formalità, quale la cancellazione del “rivalsato” dal registro delle imprese, è il diritto stesso a risultare compromesso.
È orientamento ormai consolidato della Corte di giustizia, quello di far prevalere la sostanza di un diritto sulla forma anche nelle ipotesi in cui uno dei soggetti interessati dall’operazione abbia cessato di esistere come soggetto passivo Iva. Nel caso discusso nella sentenza C-127/18, i giudici europei hanno infatti riconosciuto al fornitore la possibilità di procedere alla rettifica della base imponibile ai fini Iva in caso di mancato pagamento totale o parziale, da parte del proprio debitore, di una somma dovuta a titolo di un’operazione soggetta all’imposta, pur non essendo più il debitore un soggetto passivo ai fini dell’Iva. Dunque, se la circostanza che il debitore abbia cessato di essere un soggetto passivo non impedisce al creditore di recuperare l’Iva ai sensi dell’articolo 26, comma 2, Dpr 633/1972 (anche senza emettere formalmente alcuna nota di credito), lo stesso dovrebbe potersi dire nel caso di impossibilità di recuperare l’imposta in rivalsa. Ma l’Amministrazione finanziaria è di parere contrario, per cui il ricorso alla variazione in diminuzione dell’Iva pagata in seguito all’accertamento non sarebbe possibile a fronte del diniego di pagamento del debitore estinto. In questi termini il “problematico” articolo 60, comma 7, sembrerebbe riacquisire quella connotazione sanzionatoria, che il legislatore italiano aveva cercato di superare.
Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 176/2019