Nuovi reati tributari con prescrizione fino a 11 anni
Con la stretta sui reati tributari la prescrizione arriva a 11 anni. Il che vorrà dire che tutti avranno più tempo per stanare l’evasore. A partire dalla Guardia di Finanza nella sua attività di investigazione sui reati tributari per condotte fraudolente più gravi come l’emissione e l’utilizzo di fatture false. A ricordarlo è stato il colonnello Luigi Vinciguerra del terzo reparto operazioni del Comando generale della Guardia di Finanza nel corso dell’audizione alla Camera sul decreto fiscale collegato alla manovra. La norma introdotta con l’articolo 39, ha sottolineato Vinciguerra, «è particolarmente significativa nel suo impatto sia per la riduzione delle soglie che per l’inasprimento delle pene principali, e soprattutto per le condotte fraudolente, dove la pena massima passa da 6 a 8 anni». Un inasprimento della pena massima che ridurrà sensibilmente la possibilità che le investigazioni della Guardia di Finanza siano vanificate dal decorso del tempo in quanto la prescrizione avrà una durata più lunga: «Il termine di prescrizione - aggiunge il colonnello della Gdf - come causa dell’estinzione del reato, decorre da quando il fatto viene commesso ed è calibrato in ragione della pena massima stabilita. E visto che per i reati fiscali è previsto un aumento di un terzo della prescrizione, sono circa altri 2 anni e mezzo. Il che vuol dire che per perseguire questi reati la giustizia avrà 10 anni e mezzo-11 anni per contrastare questo reati rispetto agli 8 anni fino ad oggi previsti». Il tutto senza considerare eventuali cause di interruzione della prescrizione.
Per migliorare il decreto in materia penal-tributaria la Gdf, oltre ad accogliere con favore l’estensione della responsabilità degli amministratori ai reati tributari, invita il legislatore ad estendere l’applicazione della 231 non solo al delitto di dichiarazione fraudolenza ma anche da altri reati di frode fiscale per i quali sono previste pene detentive altrettanto gravi come possono essere l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e la dichiarazione fraudolenta mediante artifici.
La Guardia di Finanza promuove il pacchetto di misure di contrasto alle indebite compensazioni. A parlare sono i numeri. «Nel 2018, ha detto Vinciguerra, a conclusione di indagini scaturite da analisi di rischio congiunta con l’agenzia delle Entrate, limitatamente solo ad alcune province della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, sono stati individuati 186 milioni di euro di illecite compensazioni, constatati 800 milioni di euro di imponibile sottratto a tassazione ai fini imposte dirette e un’Iva evasa per oltre 155 milioni di euro. Sono stati 1.730 i lavoratori irregolari emersi, con 135 soggetti denunciati e sequestri di beni per oltre 200 milioni di euro. Oltre 30 i soggetti arrestati, tra cui alcuni professionisti». Un fenomeno, quello delle indebite compensazione «ancora attuale».
Nel difendere la ratio che ha ispirato la norma Vinciguerra ricorda ai deputati nel corso dell’attività di questi ultimi anni sono stati diversi i casi smascherati di affidamento di lavoro alle imprese, spesso costituite sotto forme di cooperative o comunque di società a responsabilità limitata, poco patrimonializzate e rappresentate da prestanome.
Nel rispondere alle sollecitazioni dei deputati sull’importanza o meno della fatturazione elettronica come strumento di contrasto all’evasione Vinciguerra ha sottolineato che si tratta di un’innovazione del sistema tributario «molto importante perché consente di avere informazioni in tempo reale. La tempestività dell’informazione è un valore aggiunto soprattutto nel contrasto alle condotte fraudolente». Non solo. L’utilizzo dei file delle fatture elettroniche da parte della Guardia di finanza anche per finalità extrafiscali, quindi di polizia economico-finanziaria, «consente alle Fiamme Gialle di contrastare tutti gli illeciti in materia di spesa pubblica, e dunque anche gli abusi in materia di Reddito di cittadinanza ad esempio, piuttosto che nel settore del mercato dei capitali o della contraffazione», ha precisato ancora il colonnello.
In fondo con la fatturazione elettronica la Gdf ora può avere informazioni che prima «recuperava con spesometro in almeno 5/6 mesi. Il valore aggiunto è doppio e sta nei riscontri immediati e nella bontà del dato. «Lo spesometro era compilato dall’operatore economico-commerciale che poteva compiere degli errori e creare cosiddetti “falsi positivi”. I dati ora sono estrapolati direttamente dalla fatturazione elettronica e ci consentono di calibrare sempre meglio l’attività di controllo, evitando di indirizzarla a soggetti che sono privi di rischio di pericolosità fiscale.
Sono almeno due le correzioni che la Guardia di Finanza Vinciguerra chiede di apportare al decreto legge in fase di conversione. La prima riguarda La norma sulla lotteria degli scontrini che prevede la sanzione amministrativa all’esercente che si rifiuti di annotare al momento dell’acquisto il codice fiscale del cliente ovvero non comunichi i dati entro il termine stabilito, che è di 12 giorni dal momento dell’operazione, all’Agenzia delle entrate. Con il provvedimento attuativo dell’Agenzia del 31 ottobre scorso, infatti, su input del Garante della privacy, è stato modificato il richiamo al codice fiscale facendolo diventare «codice lotteria». Per questo, spiega il rappresentante della Gdf, andrebbe ora modificata la norma del Dl richiamando il codice lotteria, «altrimenti non sarebbe applicabile la sanzione».
A rischio, infine, l’attività dell’agente sotto copertura nel contrasto al gioco illegale. Secondo Vinciguerra senza un correttivo al Dl che preveda una scriminante per l’operatore di Polizia, «questo potrebbe essere indagato per aver partecipato ad attività di gioco d’azzardo o di raccolta delle scommesse».