Controlli e liti

Omesse dichiarazioni svelate da accrediti in conto corrente

di Alessandro Galimberti

Dichiarazioni dei redditi e/o dichiarazioni ai fini Iva non presentate, oppure presentate ma non adeguate rispetto ai movimenti rilevati in conto corrente. L’archivio dei rapporti finanziari diventa l’arma in più del Fisco per la mappatura del rischio di evasione per le società di persone e per le società di capitali.

L’agenzia delle Entrate, con il provvedimento del direttore pubblicato ieri (prot. 197357/2018), punta infatti decisamente sull’Archivio dei rapporti finanziari per individuare le società di persone e le società di capitali “incoerenti” nell’anno di imposta 2016, e cioè a rischio di evasione.

L’ufficio mette nel mirino la platea di potenziali obiettivi costruita sull’elaborazione dei dati tratti dall’Archivio dei rapporti finanziari, con modalità molto lineari: se i “big data” comunicati all’anagrafe tributaria da banche, Poste, intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmio (cioè i soggetti tenuti a farlo dall’articolo 7 del Dl 605/1973) non trovano corrispondenza esatta nella dichiarazione redditi/Iva – oppure non si trova del tutto la dichiarazione della società titolare di questi conti – la Divisione contribuenti fa scattare l’indagine, previa trasmissione alle Direzioni regionali e a quelle provinciali dei saldi e dei movimenti dei rapporti finanziari non “riscontrati” dall’amministrazione.

Non solo, alla comunicazione che darà avvio alla «ordinaria attività di controllo» sul contribuente/sospetto infedele verranno associati tutti gli ulteriori elementi significativi (cioè le anomalie) presenti nell’anagrafe tributaria.

A legittimare l’utilizzo delle informazioni dell’archivio dei rapporti finanziari per la valutazione del rischio di evasione è il Dl 201/2011 che autorizza l’agenzia delle Entrate a individuare anche per questa via «i contribuenti a maggior rischio di evasione da sottoporre a controlli».

Il progetto si inserisce in un percorso che prevede il sempre più vasto utilizzo dei dati dell’archivio, auspicato del resto anche dalla Corte dei conti, per le analisi di rischio diversificate in base alla tipologia di contribuenti. I giudici contabili già nella relazione del luglio dello scorso anno, avevano segnalato «il chiaro sottoutilizzo» della mole di informazioni comunicate dalle banche e dagli altri operatori finanziari al Fisco, sollecitando di fatto il ricorso a strumenti e informazioni già nella disponibilità dell’Agenzia.

Agenzia delle Entrate, provvedimento 197537/2018

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