Piccola frode, prescrizione breve
Non si interrompe la prescrizione per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante fatture false quando l’entità dell’Iva evasa non è rilevante e mancano altri elementi a dimostrazione della gravità del comportamento.
A precisarlo è la Corte di cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 34514 depositata ieri. Un contribuente era condannato per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti in primo ed in secondo grado. Nel ricorso per cassazione l’imputato eccepiva, tra l’altro, l’intervenuta prescrizione.
La Cassazione, confermando la prescrizione, ha ricordato i principi comunitari in materia espressi dalla Corte di giustizia Ue (sentenza Taricco C-105/14). Tali giudici, pronunciandosi sui reati attuati attraverso le cosiddette frodi carosello, hanno stabilito che per l’evasione in misura «grave» di tributi Iva devono essere disapplicate le disposizioni in materia di prescrizione. Occorre però che il comportamento adottato sia suscettibile di ledere gli interessi finanziari Ue. La Cassazione (sentenza 44584/2016) ha poi affermato che l’applicazione di tali principi presuppone l’esistenza di un procedimento penale riguardante «frodi gravi».
La Corte di giustizia non ha indicato espressamente i requisiti di detta gravità, ma ha astrattamente fornito alcuni elementi da cui dedurla. Più precisamente, per l’individuazione della gravità della frode, hanno rilievo non solo l’entità del danno o del pericolo cagionato, ma anche la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e, più in generale, le modalità dell’azione, nonché l’elemento soggettivo.
Ne consegue che in assenza di un danno di rilevante gravità, la gravità della frode può e deve essere desunta anche da ulteriori elementi, quali l’organizzazione, la partecipazione di più soggetti al fatto, l’utilizzazione di cartiere o società-schermo, l’interposizione di una pluralità di soggetti, la sistematicità delle operazioni fraudolente, la loro reiterazione nel tempo, la connessione con altri gravi reati, l’esistenza di un contesto associativo criminale.
Il giudice deve così valutare, caso per caso, la concreta valenza di tali elementi e indicare nella motivazione quelli ritenuti rilevanti. Nella specie l’evasione Iva era di circa 5mila euro per ciascuna annualità. Inoltre, la condotta non dimostrava una spiccata capacità criminale, una particolare organizzazione di mezzi, la partecipazione di più soggetti né tanto meno, l’interposizione fittizia di più società nelle singole operazioni.
Si trattava poi di un numero modesto di operazioni fraudolente e senza il coinvolgimento di una pluralità di soggetti. Per queste ragioni i giudici di legittimità non hanno ritenuto applicabile i principi enunciati dalla Corte europea.
La sentenza n. 34514/2017 della Cassazione