Plafond Iri senza le perdite riportabili a nuovo
Le perdite maturate nelle annualità d’imposta di applicazione dell’Iri vanno computate in diminuzione dal reddito dei periodi di imposta successivi per l’intero importo che trova capienza in essi. Per quanto attiene al plafond, entro cui è possibile dedurre dal reddito d’impresa le somme prelevate dai soci a carico dell’utile e delle riserve di utili, quest’ultimo deve essere calcolato al netto delle perdite residue riportabili a nuovo.
Il plafond Iri
La circolare 8/E/2017 che raccoglie le risposte fornite a Telefisco 2017 ribadisce che il plafond Iri va calcolato computando in aumento i redditi assoggettati a tassazione separata con l’aliquota del 24% (sia nel periodo di imposta che nei periodi di imposta precedenti) e in diminuzione le perdite residue non ancora utilizzate.
Quando tali perdite vengono utilizzate, le stesse però non devono più essere portate in diminuzione del plafond Iri.
Al fine di chiarire in modo efficace il concetto espresso dalle Entrate, è utile rifarsi all’esempio commentato in circolare:
■esercizio T1: reddito 1.000; prelievi 700; imponibile 300; plafond Iri pari a 300;
■esercizio T2: reddito 100; prelievi 400; perdita 300 riportabile a nuovo; plafond Iri zero (300-300);
■esercizio T3: reddito 500; prelievi 150; imponibile 350 meno perdite 300 = 50.
Il plafond Iri in questo caso è pari a 350 (300+50).
Il chiarimento fornito ha la finalità di garantire che la perdita fiscale (in ambito Iri) qualora utilizzata non venga poi sottratta due volte dal plafond Iri, ossia: una prima volta nell’esercizio in cui viene realizzata e una seconda nella successiva annualità in cui deve essere sottratta dall’imponibile Iri che contribuisce alla formazione del plafond.
I prelievi dell’imprenditore
La circolare 8/E/2017 chiarisce che i prelievi effettuati dall’imprenditore a carico dell’utile dell’esercizio e/o delle riserve, da una parte, scontano l’imposizione progressiva Irpef in capo al percettore e, dall’altra, sono deducibili dalla base imponibile Iri nell’esercizio stesso in cui avviene il prelievo.
In buona sostanza l’agenzia delle Entrate ha “ufficialmente” risolto il problema del circolo vizioso «reddito-prelievi», stabilendo che la deduzione dei prelievi è attuabile sin dal primo periodo di applicazione della nuova Iri, anche nella specifica ipotesi di prelievi afferenti l’utile in corso di formazione (in pratica sugli acconti degli utili prelevati).
I prelievi effettuati sono così, sempre, deducibili dal reddito d’impresa; questo consente di scongiurare fin dal primo esercizio di applicazione della nuova metodologia fenomeni di doppia tassazione.
In definitiva, le Entrate ribadiscono che la determinazione della base imponibile Iri deve essere effettuata in ogni caso, in due step.
1) In primo luogo è necessario determinare il reddito d’impresa secondo le ordinarie disposizioni previste dal capo VI del Titolo I del Tuir.
2) Successivamente, si deve portare in deduzione dal reddito così individuato le somme prelevate nei limiti, ovviamente, del plafond Iri.
Agenzia delle Entrate, circolare 8/E/2017