Prime scelte sui dividendi al 26%
Entro la fine dell’anno vanno effettuate le prime valutazioni di convenienza conseguenti all’applicazione della imposizione sostitutiva del 26% ai dividendi e alle plusvalenze relativi alle partecipazioni qualificate, prevista dalla manovra per il 2018, arrivata ora al rush finale per l’approvazione.
Infatti, il trattamento fiscale degli utili differisce a seconda sia del momento di percezione sia di quello in cui è adottata la delibera di distribuzione.
Va inoltre considerato che il nuovo regime dei capital gain non entrerà in vigore dal 2018 (come quello degli utili) bensì dal 2019 e che lo stesso Ddl di Bilancio prevede la “proroga” della possibilità di rideterminare il costo in via agevolata.
La equiparazione delle modalità di imposizione degli utili e delle plusvalenze derivanti dalle partecipazioni qualificate a quelle già previste per le partecipazioni non qualificate costituisce una novità nell’ambito della disciplina delle imposte sui redditi.
Nella relazione illustrativa si ricorda che il livello di tassazione sostenuto dal contribuente in relazione alle partecipazioni qualificate è sempre stato più elevato rispetto a quello gravante sui medesimi redditi derivanti da partecipazioni non qualificate. In seguito al progressivo innalzamento dell’imposizione sostitutiva su queste ultime si è, però, realizzato un sostanziale allineamento del livello di tassazione dei redditi derivanti dalle due tipologie di partecipazioni: 26% per le non qualificate e 25% per le qualificate (in caso di aliquota marginale Irpef massima). Sarebbe stato, tuttavia, preferibile mantenere un regime di favore per i “piccoli investitori”, consentendo loro anche di optare per la imposizione progressiva.
Per effetto della riforma viene meno l’obbligo di tenere distinte le plus/minusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate e non qualificate, che confluiscono in un’unica “massa” e possono essere compensate tra di loro, anche qualora si applichino i regimi del risparmio amministrato e gestito. Tale regola sembrerebbe applicabile anche per le minusvalenze pregresse riportate in avanti, in assenza di una disciplina transitoria in merito.
La nozione di partecipazione qualificata rileva ancora ai fini:
- degli obblighi di notai e intermediari che intervengono nelle operazioni;
- della tassazione in Italia degli investitori non residenti (articolo 23, comma 1, lettera f);
- dell’imposizione dei redditi derivanti dagli investimenti in Pir.
La nuova disciplina non si applicherà:
- a utili e plusvalenze relativi a partecipazioni in società estere a regime fiscale privilegiato (integralmente imponibili, salvo interpello);
- alle partecipazioni possedute dalle imprese soggette all’Irpef;
- agli utili degli enti non commerciali e delle società semplici.
Le modifiche si applicano ai redditi di capitale percepiti a partire dal 2018 e ai redditi diversi realizzati dal 2019.
La norma dispone che le distribuzioni di utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 «deliberate dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022» conservano il precedente regime impositivo e concorrono parzialmente alla formazione del reddito imponibile del contribuente, nella diversa misura stabilita con riguardo al periodo in cui si sono prodotti.
In base al tenore letterale della norma sembrerebbe, quindi, che se la delibera è adottata entro il 31 dicembre 2017 e gli utili sono percepiti dopo tale data si applichi il nuovo regime (di solito meno favorevole). Tale conclusione non risulta, però, né logica nè sistematica e appare più ragionevole ritenere che anche in questo caso si debba applicare la disciplina precedente. Risulta, invece, chiaro che, qualora avvengano successivamente al 2017 sia la delibera sia la distribuzione degli utili, non si applicherà la ritenuta a titolo d’imposta del 26 per cento.
Può risultare, in ogni caso, conveniente distribuire nel periodo che va dal 2018 al 2022 le riserve di utili pregressi, soprattutto se prodotti anteriormente al 2008 (al fine di fruire della tassazione soltanto del 40% degli stessi).
Va, infine, tenuto conto della opportunità, prevista dalla stessa manovra, di rideterminare il costo delle partecipazioni in società non quotate possedute al 1° gennaio 2018, versando l’imposta sostitutiva dell’8% sul nuovo valore.
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