Controlli e liti

Professioni, società di servizi sotto tiro

di Dario Deotto

Professionisti, società di servizi e abuso del diritto: le contestazioni dell’amministrazione finanziaria continuano. Si riscontrano, infatti, ancora casi di abuso del diritto – utilizzando la nuova norma dell’articolo 10-bis della legge 212/2000 – in relazione ai rapporti tra il professionista e la propria società di servizi.

La vicenda

Il caso riportato al Sole 24 Ore risulta questo: un notaio provvedeva a costituire una società di servizi, partecipata dallo stesso notaio e da propri familiari. La società stipulava un contratto di leasing per l’acquisizione dello studio in cui viene svolta l’attività notarile e riaddebitava allo stesso notaio una serie di spese, tra cui quelle sostenute per il leasing. Per un ufficio periferico dell’agenzia delle Entrate questo comportamento costituisce un’ipotesi di abuso del diritto, in base all’articolo 10-bis della legge 212/2000 (è stata attivata tutta la procedura prevista dalla nuova norma), in quanto se il notaio avesse direttamente stipulato il leasing non avrebbe dedotto (in quegli anni) i relativi canoni: quindi, per l’ufficio delle Entrate il professionista ne ha ricavato un vantaggio fiscale indebito. L’operato dell’ufficio lascia parecchio perplessi, anche perché a livello centrale sembra che oramai taluni concetti – in particolare, quello del legittimo risparmio d’imposta – siano stati recepiti.

Il quadro normativo

L’articolo 10-bis della legge 212/2000 stabilisce infatti che si realizza legittimo risparmio d’imposta, e quindi non abuso del diritto, quando il contribuente adotta soluzioni, percorsi giuridici, opzioni cui il sistema espressamente accorda un trattamento fiscale di maggior favore rispetto ad altri. Quando, appunto, è il sistema stesso che offre l’alternativa fiscalmente più vantaggiosa, la scelta del contribuente non può essere censurata.

L’agenzia delle Entrate ha incominciato a valorizzare tali principi nella circolare n. 26/E/2016 sull’assegnazione agevolata e poi nelle successive risoluzioni n. 93/E/2016 e 101/E/2016.

In sostanza, gli stessi documenti dell’Agenzia hanno rappresentato che se il contribuente, attraverso operazioni legittime, si pone nelle condizioni per fruire di un vantaggio fiscale previsto dalla legge, si realizza un legittimo risparmio d’imposta.

Il risparmio

La configurabilità di un legittimo risparmio d’imposta rappresenta, in sostanza, una condizione che va a completare in negativo i presupposti richiesti per configurare l’abuso del diritto. L’abuso del diritto, infatti, non può che essere individuato per esclusione: esso inizia dove finisce il legittimo risparmio d’imposta e quando il vantaggio indebito conseguito non è ascrivibile all’evasione.

L’altra condizione in negativo, per individuare ipotesi di abuso del diritto, risulta dunque quella dell’evasione (comma 12 dell’articolo 10-bis). Quando si agisce contra legem non vi può essere, infatti, elusione (abuso del diritto). Nell’evasione rientrano anche fenomeni di simulazione, di dissimulazione, di interposizione fittizia.

Nell’atto portato a conoscenza del Sole 24 Ore, peraltro, si fa riferimento anche a un’ipotesi di interposizione della società di servizi partecipata dal notaio: ma l’interposizione, oltreché dovere essere provata dall’ufficio anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, è un’ipotesi ascrivibile all’evasione.

Il problema

La sensazione è quindi che, nonostante la nuova norma, proseguano le “commistioni” – oggi non più tollerabili - tra evasione e abuso del diritto, ma soprattutto non venga riconosciuto che, quando attraverso operazioni legittime, il contribuente si pone nelle condizioni per fruire di un vantaggio fiscale previsto dal sistema non si può in alcun modo determinare abuso del diritto.

Va, infatti, disattesa l’idea che l’elusione si realizzi attraverso un abuso delle forme giuridiche finalizzato a sottrarre una certa operazione al suo regime naturale. Se l’ordinamento prevede più opzioni, più percorsi giuridici, non può essere contestata la scelta fatta dal contribuente, proprio perché, nell’elusione, la forma giuridica risulta legittima. È il vantaggio fiscale che risulta illegittimo.

Così che se è il sistema stesso a prevedere questa opzione, la scelta del contribuente di avvalersene ponendo in essere i relativi presupposti non può configurare affatto abuso del diritto, anche quando la scelta è stata motivata da esclusive ragioni fiscali.

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