Raddoppio dei termini black list ancora in bilico sulla retroattività
La disciplina del raddoppio dei termini per le violazioni legate alla detenzione di attività finanziarie in Paesi a fiscalità privilegiata – prevista dall’articolo 12 del Dl 78/2009 ai commi 2-bis (con riferimento ai termini di accertamento) e 2-ter (con riguardo ai termini per la contestazione delle sanzioni) - ha natura «procedimentale» e quindi opera retroattivamente anche con riferimento ai periodi di imposta antecedenti all’entrata in vigore. È quanto emerge dall’ordinanza 30742/2018 della Cassazione ( clicca qui per consultarla ).
La decisione desta perplessità anche perché nel febbraio di quest’anno la stessa Corte di Cassazione, con l’ordinanza 2662 del 2 febbraio 2018( clicca qui per consultarla ), pur non pronunciandosi espressamente sul raddoppio dei termini, aveva indotto a ben sperare affermando che la «presunzione di evasione» dettata sempre dall’articolo 12 del Dl 78/2009 al comma 2 (secondo cui gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute in paesi a fiscalità privilegiata in violazione degli obblighi dichiarativi si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione) non poteva applicarsi retroattivamente, riconoscendo alla stessa natura «sostanziale» in forza dell’introduzione dell’ordinamento di un “nuovo” onere probatorio, non previsto dal quadro normativo previgente.
Orbene, la Cassazione, con la recente decisione in commento, pur non sconfessando tale orientamento (che pare invece confermare), afferma che ambedue le disposizioni in tema di raddoppio dei termini hanno invece carattere “procedimentale” e possono essere applicate anche con riferimento ai periodi di imposta antecedenti la loro entrata in vigore.
La decisione – come si anticipava - pone qualche interrogativo. Infatti, l’irretroattività della presunzione di evasione affermata a febbraio dalla stessa Cassazione non poteva che inevitabilmente estendersi anche al raddoppio dei termini essendo quest’ultimo strumentale ed operante solo quando trova applicazione la prima.
E ciò emerge con assoluta evidenza con riferimento al comma 2-bis in cui è previsto espressamente che il raddoppio dei termini di accertamento può operare esclusivamente con riguardo all’accertamento «basato sulla presunzione».
Con riguardo invece al comma 2-ter, che consente all’Amministrazione Finanziaria di usufruire del raddoppio dei termini per sanzionare le violazioni in materia di «monitoraggio», è necessario svolgere qualche considerazione ulteriore. Tale norma non opera infatti un richiamo “testuale” alla presunzione come il comma 2-bis. Ciononostante, anche con riferimento al comma 2-ter, pare comunque sussistere una consequenzialità tra la presunzione di evasione e il raddoppio dei termini per l’irrogazione delle sanzioni: il comma 2-ter rinvia infatti alle «attività e agli investimenti di natura finanziaria di cui al comma 2», ovvero a quelle stesse attività per cui opera la «presunzione».
A conclusioni differenti (sempre con riferimento al comma 2-ter) non pare possa giungersi leggendo la richiamata sentenza della Cassazione del febbraio scorso nella parte in cui ha affermato che «le sanzioni irrogate ex articolo 5, comma 2, del Dl 167/1990, ai contribuenti hanno un titolo autonomo, che trova la sua ratio nell’elusione di un obbligo dichiarativo, posto da norma già in vigore (articolo 4, comma 1 del citato decreto nella sua formulazione vigente ratione temporis con riferimento alle annualità oggetto di accertamento), volto a consentire all’Amministrazione un monitoraggio periodico delle attività finanziarie detenute all’estero con la conseguenza che la violazione di detto obbligo dichiarativo è sanzionabile a prescindere dall’accertamento di evasioni fiscali connesse alle attività finanziarie detenute all’estero e non dichiarate».
La preesistenza dell’obbligo dichiarativo ai fini del monitoraggio e del connesso trattamento sanzionatorio, applicabile, in teoria, anche in assenza di un accertamento di maggiori redditi, non esclude infatti che il raddoppio dei termini sia stato introdotto dal comma 2-ter solo con riferimento alle attività per cui opera la presunzione di evasione, analogamente a quanto previsto nel comma 2-bis.
Sotto questo aspetto, va peraltro segnalato che la Cassazione, con la decisione dello scorso febbraio, non si è pronunciata invero espressamente sul «raddoppio dei termini» disciplinato dal comma 2-ter e ciò è probabilmente dovuto al fatto che nel caso in esame erano stati rispettati i termini ordinari per l’emissione degli atti di contestazione delle sanzioni (termini maggiori di un anno rispetto a quelli di accertamento).
Alla luce di ciò, anche con riguardo al comma 2-ter, si potrebbe affermare la stessa incompatibilità (che emerge con evidenza con riferimento al comma 2-bis) tra la soluzione a cui è giunta la Suprema corte nell’ordinanza qui in commento (sentenza 30742 del 28 novembre 2018) e quanto affermato della stessa Corte lo scorso febbraio (ordinanza 2262 del 2 febbraio 2018).
Del resto, non si comprenderebbe perché in relazione al comma 2-ter debba essere operato un trattamento differenziato rispetto ai commi 2 e 2-bis. Il “nuovo” onere probatorio è posto in capo al contribuente sia per quanto riguarda i maggiori imponibili eventualmente prodotti all’estero, sia con riguardo all’effettiva detenzione all’estero di attività o investimenti. Il contribuente, prima che fosse introdotto il comma 2-ter, non aveva alcun interesse a conservare, oltre i termini ordinari, la documentazione volta a comprovare la detenzione o meno all’estero di determinate attività ed investimenti.
Va inoltre segnalato che il comma 2-ter è pur sempre una disposizione afferente l’apparato sanzionatorio e, pertanto, la sua applicazione retroattiva appare dubbia, anche in ossequio al «principio di legalità» sancito dall’articolo 3, comma 1, del Dlgs 472/1997. È vero che, come detto, l’obbligo dichiarativo ai fini del monitoraggio e il relativo trattamento sanzionatorio sussistevano anche prima dell’introduzione del comma 2-ter e che tale disposizione non incide sull’ an o sul quantum della sanzione, ma è altrettanto vero che il comma 2-ter consente all’Amministrazione Finanziaria di irrogare sanzioni in un ambito temporale molto più ampio rispetto a quanto previsto prima della sua introduzione, con conseguenze sicuramente pregiudizievoli per il contribuente.
Cassazione, ordinanza 2662/2018
Cassazione, ordinanza 30742/2018