Reati tributari, più spazio al sequestro
Sempre più frequenti i sequestri in presenza di reati tributari. L'obbligatorietà della confisca di beni e somme, anche per importo equivalente all'ammontare evaso in caso di condanna per un delitto fiscale, comporta infatti che le Procure procedano preventivamente al sequestro di tali beni in previsione della futura confisca.
Con la riforma dei reati tributari (Dlgs 158/2015) è stata prevista una norma ad hoc (articolo 12 bis) all'interno del decreto 74/2000, che ha confermato l'obbligatorietà della confisca nelle ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti. La misura riguarda i beni costituenti il profitto o il prezzo del reato tributario, che non appartengono a persona estranea al reato, ovvero, quando ciò non sia possibile, dei beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
Questa norma esisteva nel nostro ordinamento sin dal 2008 ma ora è stata organicamente inserita nel decreto legislativo 74/2000.
La confisca colpisce il vantaggio conseguente all'evasione fiscale e, quindi, svolge una funzione di disincentivo nei confronti dei contribuenti autori dei reati tributari. In tale ambito essa è normalmente per equivalente, ossia riferita ad utilità patrimoniali nella disponibilità del reo, di valore corrispondente all'evasione commessa. Scatta in caso di condanna o di patteggiamento, ma per assicurare la futura esecuzione all'esito dell'accertamento della responsabilità penale dell'indagato, è possibile sottoporre a vincolo determinati beni di valore equivalente all'evasione.
Ne consegue così che dinanzi ad una contestazione di un reato tributario, la Procura può già nelle more delle indagini, dispone il sequestro finalizzato alla successiva confisca, in caso di mancato pagamento delle somme dovute.
La rateazione
La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Secondo la giurisprudenza di legittimità se da un lato, nel corso della rateazione, può escludersi la confisca, dall'altro è legittimo il sequestro preventivo, poiché è volto a garantire il recupero delle somme qualora il versamento “promesso” non si verifichi (sentenza 35246/2017). In sostanza, il sequestro preventivo non è obbligatorio, ma può essere legittimamente disposto fin quando il debito tributario non sia stato completamente estinto.
La Cassazione ha anche chiarito che l'interessato può chiedere la riduzione del sequestro in misura corrispondente alle rate già pagate presentando specifica istanza al Pm (sentenza 35781/2017). Quindi, nell'ipotesi in cui fosse stato ordinato e disposto il sequestro per l'intero debito, senza cioè considerare eventuali versamenti già eseguiti, può esserne chiesta la riduzione, lasciando così sottoposto a tutela solo il valore corrispondente a quanto ancora dovuto.
La disponibilità
La confisca va ordinata su beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato. Per “disponibilità” si deve intendere l'esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà. Mutuando, quindi, il concetto del “possesso civilistico”, si tratta di tutti quei beni che ricadono nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi sia esercitato per il tramite di terzi. Perciò la “disponibilità” del bene non necessariamente corrisponde al suo uso effettivo, che di per sé è neutro (sentenza 6595/2017).
Patteggiamento
a norma prevede che la confisca operi anche in presenza di patteggiamento. In realtà ben raramente ciò si potrà verificare, perché dal 2011 per accedere all'applicazione della pena su richiesta delle parti è obbligatoria l'estinzione preventiva del debito tributario. Quindi, avendo l'imputato già restituito quanto dovuto all'erario, nulla potrà essergli confiscato.