Imposte

Residenza fiscale, l’«exit tax» pesa sull’ingresso dei beni

di Filippo Maisto

Il decreto Internazionalizzazione ha introdotto nell’ordinamento il criterio dell’ingresso al valore normale delle attività e passività dei soggetti esercenti imprese commerciali (inclusi gli imprenditori individuali) che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia, indipendentemente dall’assoggettamento a exit tax nello Stato estero di provenienza (salvo subordinare il recepimento del valore normale a un accordo di ruling internazionale per i soggetti provenienti da Stati black-listed).

La norma di riferimento (articolo 166-bis del Tuir) non estende il suo ambito applicativo ai beni detenuti al di fuori dell’esercizio di imprese commerciali da persone fisiche e da enti non commerciali che acquisiscono la residenza fiscale italiana.

Per il trasferimento di tali soggetti occorre dunque verificare se restano validi i principi espressi dall’agenzia delle Entrate nella risoluzione 67/E del 30 marzo 2007 , secondo cui l’ingresso dei beni al loro valore corrente, in deroga al criterio del costo storico, opera solamente laddove tali beni siano assoggettati a exit tax nello Stato di provenienza.

Si potrebbe infatti ritenere che ad esito dell’introduzione nell’ordinamento dell’articolo 166-bis del Tuir, il criterio del valore normale assurga ormai a principio di sistema da estendere anche al trasferimento di residenza delle persone fisiche, a prescindere dall’assoggettamento a exit tax nello Stato di origine. Tale ultima tesi interpretativa, avanzata in dottrina, presta tuttavia il fianco a una serie di obiezioni.

Il criterio del valore normale in ingresso dettato dall’articolo 166-bis del Tuir si pone, infatti, in stretta connessione con la disciplina dell’exit tax recata dall’articolo 166, che impone la simmetrica tassazione a valore normale delle attività dei soggetti esercenti imprese commerciali che trasferiscono la residenza all’estero. In altri termini, in materia di reddito d’impresa il sistema prevede un principio di perfetta ripartizione della potestà impositiva tra Stati, basato sulla tassazione di plusvalori e minusvalori nello Stato in cui gli stessi sono maturati. Diversamente, il meccanismo di imposizione dei soggetti non esercenti attività d’impresa è del tutto svincolato dal predetto principio: la mancata previsione di una tassazione in uscita comporta che eventuali plusvalori maturati nel periodo di residenza italiana non scontino imposizione in Italia ove realizzati successivamente al trasferimento della residenza all’estero, legittimando quindi dal punto di vista sistematico la speculare imposizione in Italia di plusvalori maturati nel periodo di residenza estera.

Una conferma del fatto che il valore normale non assurge a principio di validità generale si rinviene anche nel nuovo regime opzionale d’imposizione sostitutiva forfettaria, nella misura di 100mila euro all’anno, introdotto dalla legge di Stabilità 2017 per i redditi di fonte estera delle persone fisiche neo-residenti. Il primo comma dell’articolo 24-bis del Tuir precisa, infatti, che le plusvalenze su partecipazioni qualificate di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c), del Tuir non sono coperte dal regime sostitutivo e rimangono quindi soggette al regime ordinario d’imposizione. La norma ha la precisa finalità di dissuadere fenomeni di turismo fiscale, ovverosia lo sfruttamento del nuovo regime da parte di soggetti che acquisiscono la residenza fiscale italiana al mero fine di realizzare in esenzione rilevanti plusvalori maturati in data antecedente al trasferimento. Laddove si ritenesse che il costo fiscale dei beni in ingresso delle persone fisiche corrisponda sempre al relativo valore normale, a prescindere dall’imposizione di un’exit tax nello Stato di origine, tale norma sarebbe svuotata di significato (a meno di non ritenere che voglia colpire esclusivamente i plusvalori maturati nel primo quinquennio di residenza italiana, il che appare tuttavia poco sensato).

In definitiva, in attesa di chiarimenti ufficiali, appare ragionevole ritenere ancora attuali le precisazioni fornite dalla soprarichiamata risoluzione dell’agenzia delle Entrate, di per sé idonee a evitare che si verifichino fenomeni di doppia imposizione in capo alle persone fisiche neo-residenti, nella misura in cui concedono uno step-up dei valori fiscali d’ingresso laddove lo Stato di provenienza assoggetti il trasferimento di residenza a exit tax.

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