Controlli e liti

Ricorso alla Ue sullo split payment

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di Massimo Frontera e Giuseppe Latour

Le contestazioni delle imprese di costruzioni sullo split payment arrivano a Bruxelles. Le sigle datoriali del settore (Ance come capofila, Legacoop, Cna costruzioni, Confartigianato edilizia, Confapi Aniem e Federcostruzioni) hanno firmato una denuncia inviata alla Commissione europea per «presunta violazione del diritto dell’Unione da parte di uno Stato membro». Lo Stato in questione è, ovviamente, l’Italia che sta sottoponendo, secondo le tredici pagine di contestazioni, i suoi operatori economici a un drenaggio di liquidità causato dalla perenne condizione di credito Iva. Dopo gli inutili tentativi di modifica della norma con l’ultima legge di Bilancio, si cerca allora di percorrere un’altra strada.

Il documento, oltre ad affrontare i profili normativi, contiene anche stime economiche molto pesanti. Legate a un meccanismo – quello dello split payment – per il quale le Pa, o altri soggetti obbligati, versano direttamente all’erario l’Iva dovuta per i lavori effettuati, senza transitare dai fornitori. La perdita di liquidità alla quale è sottoposto il settore viene misurata dall’Ance in circa 2,4 miliardi all’anno. E questa situazione viene resa ancora più insopportabile dalla lentezza dei pagamenti della Pa: secondo gli stessi costruttori, infatti, attualmente nei loro bilanci ci sono fatture incagliate per un valore di circa 8 miliardi di euro (si veda il Sole 24 Ore di ieri). Lo split payment, in sostanza, «mette seriamente a rischio l’equilibrio finanziario delle imprese».

Passando ai profili normativi, sono due le motivazioni con le quali le imprese hanno denunciato le presunte violazioni alle eccezioni al regime fiscale sull’Iva che la Commissione ha concesso all’Italia: inosservanza del diritto della “neutralità” fiscale e inosservanza del principio di proporzionalità delle deroghe alle norme comunitarie in materia di Iva.

Secondo i costruttori edili, la deroga alle norme sul regime dell’Iva – fissate dalla delibera 2006/112/CE – che l’Italia ha ottenuto per il periodo 2015-2020 ha prodotto un effetto tutt’altro che neutro. E questo perché la liquidità incassata a titolo di Iva (temporaneamente a disposizione delle imprese fino al versamento) si è trasformata bruscamente in un credito. Credito che è andato crescendo in misura proporzionale al progressivo allargamento del perimetro di applicazione dello split payment ai centri di spesa pubblici o a partecipazione pubblica.

E sono proprio le imprese che realizzano lavori pubblici a pagare il prezzo più alto delle regole sulla scissione dei pagamenti, in termini di fluissi finanziari. A tutto questo si aggiunge, come detto, l’effetto “diabolico” costituito dal notevole ritardo con cui il credito viene rimborsato alle imprese.

Non solo. Nessun effetto di rilievo, aggiungono i costruttori, hanno prodotto le misure normative introdotte di recente: per rendere prioritari i rimborsi Iva per le operazioni assoggettate a split payment; e per ridurre da 95 a 60 giorni i tempi per l’accredito del rimborso.

L’altro argomento che i costruttori sottopongono a Bruxelles è l’inosservanza del principio di proporzionalità. Di fatto, lamentano le imprese, le deroghe di cui l’Italia si è avvalsa per regolamentare il sistema non hanno una portata limitata, perché si applicano sine die e su tutte le operazioni. Inoltre, non si può definire necessaria perché la fatturazione elettronica «permette già di monitorare il processo di fatturazione e pagamento dei medesimi contratti».

La denuncia alla Commissione europea

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