Imposte

Se c’è solo il terreno il coerede può riscattare la quota

di Angelo Busani

La prelazione agraria deve essere coordinata con quella ereditaria , cioè il diritto di prelazione che l’articolo 732 del Codice civile concede al coerede nel caso in cui altro coerede intenda vendere la sua quota di coeredità. Il coordinamento occorre assolutamente: in entrambi i casi la legge prevede il diritto di retratto . Vale a dire che, in caso di mancato rispetto del diritto di prelazione, il titolare di tale diritto può “riscattare” il fondo da chiunque se ne sia reso acquirente in violazione, corrispondendogli una somma pari al prezzo da questi versato.

In teoria, queste due prelazioni non dovrebbero entrare in conflitto: la prelazione agraria si ha nel caso in cui il proprietario di un fondo intenda venderlo, mentre la prelazione ereditaria si ha quando un coerede intenda vendere la sua quota di partecipazione alla massa ereditaria.

Pertanto, se un erede vende la sua quota di comproprietà di un terreno ereditato, si pone un tema di prelazione agraria (a favore dell’affittuario del fondo o del proprietario confinante) e non un tema di prelazione ereditaria: in altre parole, i coeredi non hanno il diritto di prelazione su tale vendita. In questo caso, il diritto di prelazione spetta dunque al coldiretto affittuario del fondo o, in sua mancanza, al proprietario confinante che sia coltivatore diretto o Iap (imprenditore agricolo professionale).

La linea di confine tra questi due “mondi” diventa però di non facile demarcazione quando l’eredità sia composta da un solo bene. Si pensi al decesso dell’agricoltore Tizio e all’ipotesi che nella sua eredità null’altro vi sia se non il fondo agricolo di cui Tizio fosse proprietario. Si ipotizzi altresì che eredi di Tizio siano in parti uguali i suoi tre figli Caio, Sempronio e Mevio. Allora, se Sempronio intenda vendere la quota del fondo dal medesimo ereditata a un soggetto diverso da Caio e Mevio, ci si pone il tema se i fratelli del venditore abbiano prelazione su tale vendita in quanto suoi coeredi.

Su questo punto, la giurisprudenza è stabile (si vedano ad esempio le sentenze di Cassazione n. 5320/2003, n. 8692/2016 e n. 1852/2006): qualora la comunione ereditaria abbia a oggetto un unico cespite, se un erede aliena a un soggetto estraneo all’eredità la quota indivisa dell’unico cespite ereditario di propria titolarità, si presume l’alienazione della sua corrispondente quota di eredità. Perciò, anzitutto, l’affittuario del fondo e il proprietario confinante non hanno prelazione; e il coerede del venditore, che non sia stato messo in grado di esercitare il suo diritto di prelazione “ereditaria”, può esercitare il retratto successorio (e cioè riscattare la quota alienata da chi l’abbia comprata), salvo che il soggetto il quale subisce il retratto riesca invece a dimostrare (ma, evidentemente, si tratta di un onere probatorio di assai difficile svolgimento) che la vendita ha avuto a oggetto non una quota di eredità, ma un bene a sé stante.

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