Sequestro probatorio “legittimo” sulle opere d'arte del dissimulato imprenditore
È legittimo il sequestro probatorio di opere d’arte - e della documentazione relativa - a carico di un contribuente indagato per evasione fiscale. Lo ha stabilito la Terza penale della Cassazione (sentenza 57941/17, depositata il 29 dicembre), confermando le decisioni del Riesame di Vicenza sul vincolo probatorio scattato sul patrimonio di un “dissimulato” imprenditore d’arte veneto.
Secondo l’Agenzia l’esigua dichiarazione dei redditi, da poche migliaia di euro, era del tutto incompatibile con i proventi da vendite di quadri e opere d’arte - peraltro tracciati con transazioni bancarie. Da qui la decisione della Procura di congelare quella parte del patrimonio per esigenze probatorie, aspramente contestata dalla difesa. A giudizio della Cassazione, però, vari indici di evasione - dai continui cambi di residenza all’utilizzo di autovetture immatricolate in Germania - giustificano gli indizi (e perciò le iniziative istruttorie) circa l’effettiva attività imprenditoriale, totalmente dissimulata, del contribuente.
La dichiarazione contestata negli atti del processo penale riguarda l’anno di imposta 2013, nel corso del quale il contribuente aveva effettuato alienazioni di opere d’arte per diversi milioni di euro. La circostanza era emersa durante una verifica della Guardia di Finanza, che aveva rilevato l’incoerenza di tali movimentazioni bancarie rispetto all’esiguità dell’imponibile da dichiarazione (poche migliaia di euro). Tra l’altro, gli importi incassati a margine delle vendite artistiche avevano di fatto determinato il netto superamento della soglia penale della dichiarazione infedele (150mila euro di imposta annua, ovvero tre milioni dell’attivo sottratto a tassazione) inducendo il Pm a congelare la situazione in quanto le attività contestate sarebbero provenute da un esercizio “svolto a livello professionale”. A sostegno di tale ipotesi la Gdf aveva portato l’esistenza di un magazzino di opere a Verona – intestato a società e a prestanome riconducibili all’indagato - le ripetute variazioni anagrafiche del contribuente, l’utilizzo di auto a targhe tedesche e infine la vendita (simulata?) a terzi di immobili di proprietà. Quanto basta, anche secondo il Riesame – pienamente avallato dalla Cassazione – per ritenere la movimentazione di opere d’arte con ricavi elevati «non occasionale ma strutturata per la ripetizione delle condotte e la loro protrazione (…) con la conseguenza che il provvedimento di perquisizione, mirato ad acquisire maggiori prove del fatto, in particolare la specificazione delle compravendite effettuate , giustificasse la necessità di acquisire la documentazione relativa». Il sequestro probatorio è tanto più utile, chiosano i magistrati, «onde verificare concretamente la provenienza (anche in senso temporale), l’importanza economica (per dare il peso dell’attività svolta) e il vero utilizzo (se di collezionismo edonistico oppure con finalità speculative)».