Sì alla motivazione che rinvia all’atto notificato alla società
In materia di accertamento afferente alle imposte sui redditi, il vincolo di porre il contribuente nella condizione di comprendere le motivazioni dalle quali proviene la richiesta tributaria, viene assolto dall’avviso di accertamento concernente i redditi del socio che rinvia, per relationem, a quello attinente i redditi della società, sebbene solo a quest’ultima notificato in quanto, da una parte l’obbligo di motivazione è ottemperato anche attraverso il richiamo a elementi di fatto concessi da atti ritenuti nella conoscibilità del destinatario e, dall’altra parte il socio, ex articolo 2261 c.c., ha titolo per poter esaminare la documentazione concernente la società e, pertanto, di prendere visione dell’accertamento presupposto e dei suoi documenti giustificativi (Cassazione ord. n. 25296 /2014). A stabilirlo è la Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza n. 16906/2017.
L’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione nei confronti di una sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Genova. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione del contribuente avverso un avviso di accertamento, in materia Irpef per l’anno 2012.
L’ufficio, nel motivo del ricorso, ha lamentato la violazione e falsa applicazione della legge n. 212 del 2000, articolo 7 e del Dpr n. 600 del 1973, articolo 42 comma 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, giacché la Ctr avrebbe omesso di considerare che, nel caso della motivazione per relationem dell’avviso di accertamento, non sarebbe stato richiesto l’onere di allegare neppure gli atti conoscibili in quanto, trattandosi di società a ristretta base proprietaria, l’avviso nei confronti della società sarebbe stato certamente accessibile anche da parte del socio.
La Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo del ricorso formulato dall’ufficio in quanto, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’obbligo di porre il contribuente nella condizione di conoscere le ragioni dalle quali deriva la pretesa fiscale, viene soddisfatto dall’avviso di accertamento dei redditi del socio che rinva per relationem a quello riguardante i redditi della società - ancorché solo a quest’ultima notificato - in quanto, da un lato l’obbligo di motivazione è assolto anche mediante il richiamo a elementi di fatto offerti da atti nella conoscibilità del destinatario e, dall’altro il socio, ai sensi dell’articolo 2261 c.c., ha il potere di consultare la documentazione relativa alla società e, quindi, di prendere visione dell’accertamento presupposto e dei suoi documenti giustificativi (Sez. 6-5, n. 25296 del 28/11/2014; Sez. 5, n. 5645 del 12/03/2014).
L’onere di allegazione, posto a carico dell’Agenzia dall’articolo 7 della legge n. 212/2000, dell’altro atto rievocato nella motivazione dell’avviso di accertamento, si riferisce evidentemente agli atti che raffigurano la motivazione della pretesa fiscale, che deve essere dichiarata nell’avviso di accertamento e non certo agli atti di carattere normativo o regolamentare, ovvero agli atti generali quali le delibere del consiglio comunale che legittimano il potere impositivo, che sono in ogni caso sottoposte a pubblicità legale e che sono perciò oggetto di consapevolezza “legale” da parte del contribuente.
Pertanto va rilevato che, in merito a un accertamento tributario motivato per relationem secondo la disciplina valente antecedentemente all’entrata in vigore dell’articolo 7, legge n. 212/2000, si arguisce palesemente come la legittimità dell’avviso di accertamento reclamava la conoscenza o meglio la conoscibilità dell’atto da parte del contribuente, esclusivamente nel caso in cui fossimo in presenza di un atto extratestuale. In seguito, solo mediante il regime immesso dalla disciplina sopra menzionata (articolo 7 della legge n. 212/2000), l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere ottemperato anche per relationem, ossia attraverso il richiamo a elementi di fatto scaturenti da altri atti o documenti, a patto che questi ultimi risultino allegati all’atto notificato, ovvero che il medesimo ne rappresenti il contenuto fondamentale.
Cassazione, ordinanza n. 16906/2017