Controlli e liti

Sì al mutuo estero senza termine

di Antonio Longo e Antonio Tomassini

Le certificazioni rilasciate dalle autorità fiscali estere hanno efficacia probatoria vincolante ai fini della qualifica di beneficiario effettivo richiesta, dall’articolo 26-quater del Dpr 600/1973, per l’applicabilità del regime di esenzione da ritenute sugli interessi corrisposti da società italiane a consociate europee. Né il Fisco può contestare la validità del contratto di mutuo in virtù della mancanza di un termine espresso per la restituzione delle somme. È quanto ha stabilito la Ctr dell’Aquila (sezione staccata di Pescara, presidente Iannaccone, relatore Di Florio) nella sentenza 825/7/2017 del 4 ottobre, confermando il prevalente orientamento giurisprudenziale in materia.

I giudici di primo grado avevano respinto il ricorso proposto da una società tedesca contro il diniego delle Entrate al rimborso delle ritenute applicate, per il 2009 e il 2010, da una società italiana sugli interessi corrisposti alla consociata tedesca in relazione a un contratto di mutuo.

L’amministrazione finanziaria sosteneva che il contratto di mutuo fosse invalido o comunque inopponibile, in mancanza di un termine fissato per l’adempimento (cioè la restituzione della somma mutuata) e che la qualifica di beneficiario effettivo ai fini della disciplina di esenzione non fosse stata adeguatamente provata.

Secondo la Ctr, invece, il contratto concluso dalle parti si qualifica a tutti gli effetti come un mutuo oneroso erogato nell’ambito di una operazione infragruppo. La mancata previsione del termine entro cui restituire le somme non determinerebbe l’invalidità o l’inopponibilità del contratto.

Del resto, sul piano civilistico, sebbene sia connaturale al contratto di mutuo che intercorra un certo lasso di tempo tra la consegna e la restituzione del tantundem delle cose mutuate, ove nel regolamento negoziale manchi la previsione di un termine per la restituzione, l’articolo 1817 del Codice civile dà incarico al giudice di stabilirlo, sulla base del più generale principio dettato in materia di obbligazioni dall’articolo 1183 del Codice civile.

Quanto poi alla qualifica di beneficiario effettivo degli interessi in capo al soggetto estero percipiente e ai relativi oneri probatori richiesti dall’articolo 26-quater (di recepimento della direttiva Interessi-Royalty 2003/49/Ce), la Ctr ha ritenuto che la società appellante, già in occasione delle istanze di rimborso, avesse fornito tutte le informazioni necessarie (codice identificativo, ammontare degli interessi erogati, qualifica di beneficiario effettivo) unitamente alle attestazioni circa l’assoggettamento a tassazione degli interessi attivi da parte del fisco tedesco.

Esclusi nell’operazione finanziaria descritta profili di abuso del diritto e/o finalità elusive, la Ctr ha quindi ritenuto sufficiente la certificazione di residenza nello Stato comunitario, avallando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui i certificati emessi dalle autorità fiscali straniere hanno valenza probatoria vincolante ed eventuali oneri aggiuntivi richiesti dall’amministrazione finanziaria italiana non possono essere ritenuti obbligatori, inclusa la prova sulla data certa della documentazione (si vedano le pronunce della Ctp Milano 9819/1/2015 e della Cassazione 1553/2012).

Del resto, sottolineano i giudici abruzzesi, la stessa Agenzia, nella circolare 32/E/2011 sul regime fiscale dei dividendi in uscita dall’Italia verso un Paese comunitario, ha precisato che le autorità italiane devono tenere in debita considerazione le certificazioni delle autorità estere. Pertanto, in presenza dei requisiti sostanziali per fruire dell’agevolazione, eventuali carenze formali non possono portare alla disapplicazione automatica del regime di favore.

Ctr L'Aquila, sentenza 825/7/2017

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