Professione

Stp, una società «speciale» per l’esercizio della professione

immagine non disponibile

di Elisabetta Smaniotto

Il provvedimento del Tribunale di Forlì (decreto 61/2017 del 25 maggio 2017) pubblicato di recente (si veda questo articolo) ha chiarito che la «società tra professionisti» («Stp») non è soggetta a fallimento siccome non esercita attività commerciale.
Si tratta di un tassello che colma un vuoto nella regolamentazione delle società tra professionisti, che si vedrà se sarà confermato da successive pronunce.
Con l’articolo 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183 è stata ammessa la possibilità di costituire «società tra professionisti per l’esercizio di attività professionali regolamentare nel sistema ordinistico» ricorrendo ad uno dei modelli societari regolati nei titoli V e VI del libro V del Codice civile (si può trattare di società di persone, società di capitali e società cooperative, con la precisazione che in quest’ultimo caso il numero dei soci non può essere inferiore a tre), cioè combinando la disciplina speciale dettata nella legge n. 183/2001 con le regole proprie del tipo societario scelto.

La legge n. 183/2011 ha dunque dato le basi alla regolamentazione delle «società tra professionisti» («Stp»), dopo l’abrogazione dello storico divieto di esercizio dell’attività professionale in forma societaria contenuto nell’articolo 2 della legge 29 novembre 1939, n. 1815. L’abrogazione è stata disposta con la legge Bersani (articolo 24 della legge 7 agosto 1997, n. 266), la quale aveva rinviato ad un successivo decreto attuativo per fissare i requisiti per l’esercizio delle attività professionali. Tuttavia, il decreto, che doveva essere varato entro 120giorni dalla data della entrata in vigore delle legge n. 266/1997, non è mai stato emanato. Proprio per questo motivo, secondo la Corte di Cassazione (22 marzo 2017 n. 7310), la disciplina inerente l’esercizio in forma societaria delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico é rimasta senza attuazione (salvo interventi settoriali: Dlgs n. 96/2001 per la professione forense), fino a quando il legislatore non è nuovamente intervenuto con la legge 183/2011.

Il divieto che per tanti anni aveva impedito la possibilità di ricorrere ad un modello societario per esercitare attività professionali poggiava le proprie basi sul fatto che in questo modo non sarebbe stata garantita la personalità della prestazione professionale, vale a dire un collegamento diretto tra la figura del professionista iscritto all’Ordine professionale e l’esecuzione dell’incarico.

La disciplina della legge 183 prevede che l’incarico professionale sia conferito alla società, tuttavia il cliente (nella lettera della norma identificato con l’espressione «utente») ha facoltà di designare il «socio professionista» dal quale vuole essere seguito, e solo qualora non eserciti il potere di scelta, la designazione è rimessa alla società che comunica il nominativo «per iscritto all’utente» (articolo 10, comma 4, lettera. c).
Occorre osservare che la disciplina sulle «Stp», seguita dal regolamento di attuazione emanato con il Dm n. 34 dell’8 febbraio 2013, non ha fatto venir meno la possibilità di esercitare una o più attività professionali ricorrendo allo schema delle «associazioni professionali», le quali consistono in fenomeni di aggregazioni di interessi (Cassazione 26 luglio 2016, n. 15417; Cassazione. 15 luglio 2011, n. 15694; Cassazione. 13 aprile 2007, n. 8853. Le associazioni hanno valenza meramente interna tra gli associati, mentre la titolarità dei rapporti con i clienti continua a gravare sui singoli associati (Cassazione 21 ottobre 1997, n. 10354; 9 settembre 2003, n. 13142; Cass. 10 luglio 2006, n. 15633).

Si è dunque creato un doppio binario per cui è oggi possibile esercitare attività professionale in forma collettiva ricorrendo alternativamente al modello delle «associazioni professionali» o alle «società tra professionisti», con la particolarità che, mentre nel primo caso si possono associare solo professionisti «protetti», invece, lo schema della «società tra professionisti» consente che ai soci appartenenti a «professioni protette» si affianchino professionisti appartenenti a categorie «non protette», a condizione che intervengano come soci tecnici e soci di capitale e che i professionisti «protetti» mantengano almeno la maggioranza dei due terzi dei voti nelle deliberazioni. Ciò sta a significare che essi possono essere anche titolari di una frazione inferiore ai due terzi del capitale sociale, ma devono essere in grado di esprimere i due terzi dei voti nelle decisioni (Notai del Triveneto, massima n. Q.A.19).

Vige in ogni caso un regime di esclusività ed incompatibilità, nel senso che la partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad un’altra «società tra professionisti».
Venendo a considerare le particolarità delle «Stp», il legislatore ha chiarito che esse si possono occupare, in via esclusiva, di attività professionale anche multidisciplinare (articolo 10, comma 4, lettera b), per l’esercizio della quale non è possibile utilizzare sic et simpliciter un tipo societario ordinario, senza che la relativa disciplina sia combinata e fusa con quella speciale. Della questione si è peraltro occupato il ministero dello Sviluppo Economico nella circolare prot. n. 415099 del 23 dicembre 2016, nella quale ha chiarito che la legge 183/2011 rappresenta un momento di equilibro in cui si contemperano i contrastanti interessi in gioco:
• l’interesse all’efficienza e allo sviluppo della concorrenza, da una parte; e,
• l’interesse a tutelare l’affidamento del cliente nel momento in cui riceve servizi connotati da particolare delicatezza e “sensibilità”, dall’altra parte.
Parametri che verrebbero completamente a mancare ove si ammettesse la possibilità di svolgere le medesime attività “protette” nella forma di “generiche” società commerciali.
Ciò non toglie che è comunque possibile utilizzare i modelli societari ordinari per costituire società di mezzi, oppure società in cui l’aspetto organizzativo e capitalistico risulti del tutto prevalente rispetto allo svolgimento (pur presente) di attività professionali «protette». (Cassazione, 13 luglio 1993, n. 7738).

Dall’atto costitutivo della «società tra professionisti» devono inoltre risultare:
• la denominazione sociale che, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di «società tra professionisti» («Stp»), al fine di non generare nei terzi una rappresentazione errata dell’effettiva attività esercitata;
• i criteri e le modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta, i quali sono tenuti all’osservanza del Codice deontologico del proprio Ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’Ordine al quale è iscritta (iscrizione che si affianca a quella presso il Registro delle imprese);
• la stipula di una polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio dell’attività professionale;
• le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo Albo con provvedimento definitivo.

Sul tema società e professionisti interviene il “ddl Concorrenza” che dovrebbe essere approvato dal Senato entro la prima settimana di agosto. Con riferimento alle società di ingegneria, il testo all’esame del Senato prevede, in applicazione della legge 7 agosto 1997, n. 266 (articolo 24, comma 1), una sanatoria per i rapporti contrattuali intercorsi, dalla data di entrata in vigore della medesima legge, tra soggetti privati e società di ingegneria (costituite in forma di società di capitali, ovvero, in forma di società cooperative), e conclusi in violazione delle vigenti normative, dal momento che tali società potevano operare solo nell’ambito degli appalti pubblici (legge Merloni, legge 11 febbraio 1994, n. 109).
Per le farmacie è previsto che possano essere titolari dell’esercizio di farmacie private anche le società di capitali, con la precisazione che è ammesso il controllo, diretto o indiretto, al massimo del venti per cento delle farmacie esistenti nel territorio della medesima regione o provincia autonoma.

Regole restrittive riguardano l’esercizio dell’attività odontoiatrica, consentita esclusivamente a soggetti in possesso dei titoli abilitanti (indicati nella legge 24 luglio 1985, n. 409) che prestano la propria attività come liberi professionisti, nonché, alle società operanti nel settore odontoiatrico, le cui strutture siano dotate di un direttore sanitario iscritto all’albo degli odontoiatri e all’interno delle quali siano presenti soggetti abilitati all’esercizio dell’attività in esame.
Novità anche per le società tra avvocati. Viene ammessa la possibilità di costituire società tra avvocati sotto forma di società di persone, società di capitali o società cooperative (le quali devono essere iscritte in un’apposita sezione speciale dell’albo tenuto dall’Ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società). I soci, per almeno i due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo (ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni), la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere composta da soci avvocati ed i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©