Controlli e liti

Stretta Ocse con misure antiabuso

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di Francesco Avella

L’Italia ha aderito alla Convenzione multilaterale Beps (Base Erosion and Profit Shifting) di Parigi del 24 novembre 2016, nota come «Convenzione multilaterale per l’attuazione di misure relative alle convenzioni fiscali finalizzate a prevenire l’erosione della base imponibile e lo spostamento dei profitti» e il cui testo in italiano è disponibile sul sito dell’Ocse www.oecd.org, sebbene ai fini legali facciano fede esclusivamente i due testi ufficiali in inglese e in francese.

Si tratta di una convenzione che integra e modifica gran parte delle convenzioni contro le doppie imposizioni concluse dall’Italia (i cosiddetti «Accordi fiscali coperti»): tra queste, alcune sono state stipulate con Stati che hanno firmato a loro volta la Multilaterale Beps e per le quali, quindi, le integrazioni e modifiche saranno prevalentemente applicabili dal 1° gennaio 2018; altre sono state stipulate con Stati che non hanno ancora firmato la Multilaterale Beps e, dunque, le integrazioni e modifiche saranno applicabili soltanto a partire da quando anche questi Stati vi aderiranno. L’Italia ha scelto di escludere da tali integrazioni e modifiche, per ora, solo poche convenzioni contro le doppie imposizioni. Nella tabella viene presentata una panoramica degli Accordi fiscali coperti e no.

Dalla lista provvisoria di riserve e notifiche messa finora a disposizione dall’Italia, si evince l’approccio antiabuso che l’Italia intende seguire mediante la Multilaterale Beps ai fini degli Accordi fiscali coperti. Gli articoli della Multilaterale Beps che si occupano di “treaty abuse” sono gli articoli dal 6 all’11: l’Italia manifesta la sua intenzione di applicare esclusivamente gli articoli 6, 7 e 9, mentre esprime una esplicita riserva in base alla quale non applicherà gli articoli 8, 10 e 11.

L’articolo 6 della Multilaterale Beps introduce, in ogni Accordo fiscale coperto, un preambolo che indica come l’intento della convenzione sia «eliminare la doppia imposizione con riferimento alle imposte oggetto del presente accordo senza creare opportunità di non imposizione o di ridotta imposizione attraverso l’evasione o l’elusione fiscale (ivi compresi schemi di treaty-shopping finalizzati ad ottenere gli sgravi previsti dal presente accordo a beneficio indiretto di residenti di giurisdizioni terze)». L’Italia ha infatti manifestato la sua intesa affinché tale nuovo preambolo vada a sostituire il preambolo di tutti gli Accordi fiscali coperti. In pratica, l’intenzione è che risulti chiaro fin dal preambolo che lo scopo della convenzione contro le doppie imposizioni non è di permettere la fruizione dei suoi benefici nei casi di evasione ed elusione, incluso il treaty-shopping attuato mediante strutture ad hoc.

Quanto all’articolo 7 della Multilaterale Beps, l’Italia manifesta di volerne applicare il paragrafo 1, in virtù del quale: «Nonostante le disposizioni di un Accordo fiscale coperto, un beneficio ai sensi di un Accordo fiscale coperto non è concesso in relazione ad un elemento di reddito o di patrimonio se èragionevole concludere, tenuto conto di tutti i fatti e le circostanze pertinenti, che l’ottenimento di tale beneficio era uno degli scopi principali di qualsiasi intesa o transazione che ha portato direttamente o indirettamente a tale beneficio, a meno che venga stabilito che la concessione di tale beneficio in dette circostanze sarebbe conforme all’oggetto e allo scopo delle pertinenti disposizioni dell’Accordo fiscale coperto». Si tratta del cosiddetto Principal Purpose Test (Ppt) cioè una sorta di clausola generale antiabuso che presenta svariati punti di contatto con l’articolo 10-bis della legge 212/2000 in materia di abuso del diritto. Per questa ragione, l’applicazione della clausola Ppt ai fini delle convenzioni contro le doppie imposizioni dovrebbe comunque soggiacere alle tutele e ai vincoli procedurali previsti dall’articolo 10-bis della legge 212/2000.

Viene tuttavia specificato che tale previsione non si applicherà per quegli Accordi fiscali coperti che già contengono disposizioni analoghe che negano i benefici convenzionali se uno degli scopi principali della operazione o costruzione è l’ottenimento di tali benefici: si tratta, per l’Italia, delle convenzioni con Arabia Saudita, Azerbaijan, Estonia, Hong Kong, Islanda, Kazakhstan, Kuwait, Lettonia, Libano, Lithuania, Mongolia, Qatar e San Marino. Dovrebbe quindi essere sostituita la clausola analoga, non salvaguardata, contenuta nella Convenzione con Israele (articolo 30).

Le ricadute sulle convenzioni contro le doppie imposizioni

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