Controlli e liti

Sui derivati imposta lesiva per le società italiane

di Marco Piazza

L’ordinanza 1184/01/2018 della Ctr Lombardia ( clicca qui per consultarla ) non mette in discussione l’intero impianto della Tobin tax, ma solo un aspetto che riguarda la tassazione dei contratti derivati (opzioni, swap, futures, warrant, contratti differenziali, eccetera).

La Commissione si chiede se la circostanza che il presupposto di tassazione in Italia dei derivati sia agganciato al fatto che abbiano come sottostante azioni italiane anziché alla residenza delle controparti o dell’intermediario intervenuto nella negoziazione - costituisca una violazione del principi comunitari di libera circolazione dei capitali e dei servizi. Il dubbio è quindi che il nostro legislatore non abbia correttamente individuato il nesso di collegamento (fondamentale per legittimare la potestà impositiva del nostro Paese) fra l’operazione imponibile e lo Stato italiano.

Sotto questo aspetto, la norma italiana è molto diversa dallo schema di direttiva (che non ha mai visto la luce) proposta nel 2011 dalla Commissione europea, Com (2011) 594. Non avendo ottenuto il consenso di tutti gli Stati membri, la proposta è confluita nel 2013 in una procedura cosiddetta di «collaborazione rafforzata» - Com(2013) 71 final - che ha coinvolto solo 11 Stati fra i quali l’Italia. La proposta è stata oggetto di discussione per molto tempo, ma gli ultimi atti ufficiali di cui si ha conoscenza risalgono alla metà del 2016. Lo schema di direttiva aveva lo scopo di dare una base giuridica comune alla nuova imposta, nata sull’onda emotiva della crisi finanziaria del 2011, quando si accese un gran dibattitto sull’opportunità di disincentivare le speculazioni finanziarie eccessivamente rischiose.

Secondo la proposta di direttiva, il tributo avrebbe dovuto colpire tutte le transazioni finanziarie a condizione che almeno una delle controparti fosse residente in uno Stato membro e che almeno un ente finanziario comunitario fosse coinvolto nell’operazione.

Nella versione italiana, invece, le parti del contratto non hanno importanza: è rilevante, infatti, che la transazione riguardi azioni italiane o derivati con sottostante azioni italiane, ferme restando numerose ipotesi di esenzione di carattere sia soggettivo sia oggettivo. Molti quindi si chiedono se, alla fine, la Tobin tax non abbia altro effetto se non quello (certamente inopportuno) di deprimere le negoziazioni degli strumenti di capitale delle società italiane.

Non è facile immaginare quale sarà la reazione della Corte di giustizia. Poiché comunque in base all’articolo 1, comma 498 della legge 228/2012 ai fini dell’accertamento, della riscossione e del contenzioso si applicano le norme sull’Iva, eventuali istanze di rimborso, in attesa del giudizio della Corte di giustizia, dovrebbero essere presentate entro due anni dal pagamento (articolo 21, comma 2, del Dlgs 546/1992; articolo 30-ter del Dpr 633/1972; Cassazione, Sezioni Unite, 13676 del 2014).

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