Transfer pricing, le rettifiche vanno coordinate tra i Paesi
La rettifica in diminuzione a fronte di accertamenti di transfer pricing disciplinata dall’articolo 31-quater del Dpr 600 del 1973 e dalla bozza di decreto attuativo richiede un coordinamento con le procedure amichevoli finalizzate ad evitare la doppia imposizione, in particolar modo in presenza di consociate extra-UE.
L’articolo 31-quater, introdotto dall’articolo 59 del Dl 50 del 2017, consente di operare rettifiche in diminuzione a fronte di accertamenti di transfer pricing effettuati nei confronti di consociate estere non solamente in esecuzione di MAP convenzionali ex articolo 25 del Modello Ocse o di quelle previste, in ambito europeo, dalla Convenzione 90/436/CEE (articolo 59, comma 1, lettera a)) bensì a conclusione di controlli effettuati nell’ambito di attività di cooperazione internazionale (artcolo 59, comma 1, lettera b) nonché «a seguito di istanza da parte del contribuente da presentarsi secondo le modalità e i termini previsti con provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate, a fronte di una rettifica in aumento definitiva e conforme al principio di libera concorrenza effettuata da uno Stato con il quale è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni sui redditi che consenta un adeguato scambio di informazioni. Resta ferma, in ogni caso, la facoltà per il contribuente di richiedere l’attivazione delle procedure amichevoli di cui alla lettera a), ove ne ricorrano i presupposti» (articolo 59, comma 1, lettera c).
Le diverse procedure sono alternative e ciò pare confermato dallo schema del provvedimento attuativo dell’articolo 31-quater, secondo il quale «resta ferma, in caso di rigetto, la facoltà per il contribuente di richiedere l’attivazione delle procedure amichevoli previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi o dalla Convenzione relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate, con atto finale e dichiarazioni, fatta a Bruxelles il 23 luglio 1990, resa esecutiva con legge 22 marzo 1993, n. 99». Il coordinamento tra le diverse procedure richiede tuttavia attenzione.
In caso di mancata impugnazione dell’atto di accertamento estero ovvero qualora nel frattempo intervenga un giudicato, la definitività dell’imposta dallo stesso recata potrebbe infatti impedire la Map convenzionale, con ciò rendendo l’accertamento estero definitivo e, con esso, il rischio di doppia imposizione economica. Una possibile via di uscita vi potrebbe essere in ambito europeo. Differentemente dalle Map convenzionali, la mancata impugnazione dell’atto di accertamento non preclude infatti la procedura arbitrale prevista dalla Convenzione del 1990. L’articolo 7, paragrafo 3 della Convenzione 90/436/CEE prevede infatti che qualora la legislazione interna non consenta di derogare alle decisioni delle autorità giudiziarie, la procedura arbitrale si applica soltanto se l’impresa associata abbia lasciato scadere il termine per il ricorso o vi abbia rinunciato. Se pertanto la «rettifica in aumento definitiva conforme al principio di libera concorrenza» effettuata dallo Stato estero diventasse un accertamento definitivo, il rigetto da parte dell’Amministrazione finanziaria italiana della procedura prevista dall’articolo 31-quater, comma 1, lettera c) sarebbe superabile solamente in ambito europeo, mediante la procedura arbitrale del 1990 (chiaramente qualora i termini non siano nel frattempo scaduti) e sempre che la definitività dell’accertamento non consegua ad un giudicato. Al fine di evitare tali effetti imprevisti, è pertanto necessario che le consociate extra-UE si adoperino per evitare la definitività dell’accertamento, instaurando un procedimento contezioso presso le autorità estere competenti, con l’accortezza di richiederne la sospensione. A tal fine, sarebbe quindi necessario l’avvio di una Map convenzionale, risultando difficilmente ipotizzabile una sospensione del contenzioso in assenza di una procedura internazionale. Qualora la procedura ex articolo 31-quater, comma 1, lettera c) fosse preclusa ovvero precludesse l’avvio delle procedure internazionali fino alla relativa definizione il rischio sarebbe quello di rendere la disposizione interna di limitato interesse. Sarebbe pertanto auspicabile che lo schema di decreto attuativo confermasse la possibilità di attivare la procedura di cui alla lettera c) dell’articolo 31-quater in parallelo alle procedure internazionali di cui alla lettera a) (i.e. Map convenzionali o procedura arbitrale del 1990), con facoltà di abbandonare queste ultime qualora la procedura interna si dovesse concludere con esito positivo.
Si deve peraltro considerare come costituisca presupposto della rettifica in diminuzione una «rettifica in aumento definitiva e conforme al principio di libera concorrenza». Non è pertanto remoto ipotizzare un approccio prudente da parte degli Uffici a fronte di accertamenti esteri, in particolar modo qualora effettuati da Stati intra-UE, seppur coperti da trattato. Si potrebbe quindi instaurare una sorta di corto circuito tra la procedura prevista dall’articolo 31-quater, comma 1, lettera c) - che richiede una «rettifica in aumento definitiva conforme al principio di libera concorrenza» - e la necessità di evitare che l’accertamento estero diventi definitivo, pena l’impossibilità di attivare la Map convenzionale. Se infatti, ai fini di preservare la Map convenzionale, la consociata estera avviasse un procedimento contenzioso, l’Amministrazione finanziaria italiana potrebbe mettere in dubbio che la rettifica in aumento operata sia «conforme al principio di libera concorrenza» con ciò rigettando la procedura interna. Come evidenziato, la convenzione arbitrale del 1990 sarebbe possibile anche qualora sia scaduto il termine di presentazione del ricorso ma la sfera applicativa ristretta all’ambito europeo ne rappresenta un limite.
Nonostante, allo stato attuale, i trattati stipulati dall’Italia generalmente non prevedano un vincolo preventivo a intraprendere l’arbitrato (“mandatory arbitration”) in caso di mancata soluzione della controversia in via amichevole, ciò è previsto dalla Multilateral Convention (MLI) sottoscritta dall’Italia il 7 giugno 2017. È pertanto ipotizzabile che con la ratifica dell’Oecd Multilateral Instrument le Map convenzionali diventino lo strumento di riferimento, in alternativa alla procedura interna introdotta dall’articolo 31-quater, comma 1, lettera c), nata proprio con l’obiettivo di ridurre i tempi e il numero delle procedure amichevoli, ma non certamente di sostituirle.