Adempimenti

Un Fisco che penalizza i piccoli azionisti rischia l’accusa di incostituzionalità

di Raffaele Rizzardi

La riforma del TUIR del 2004 si è caratterizzata per la soppressione del credito di imposta sui dividendi, sostituito da un parziale concorso al reddito per i soci con partecipazioni qualificate.
Rispetto al metodo di tassazione non più applicabile, si è cercato però di mantenere l'obiettivo di invarianza della tassazione sul reddito distribuito, tenendo conto sia dell'Ires pagata dalla società che dall'Irpef a carico del socio.
In funzione dell'originaria aliquota Ires del 33%, il dividendo concorreva al reddito del socio per il 40%. Data la progressività dell'Irpef, la tassazione complessiva (Ires più Irpef sulla quota del dividendo che deve essere dichiarata) era variabile tra il 39 e il 44%, rispettivamente per il primo e l'ultimo scaglione dell'imposta personale.
Con la riduzione dell'Ires al 27,50%, il concorso al reddito del dividendo (in funzione della data di formazione dell'imponibile per la società) venne alzato al 49,72%, così che l'effetto complessivo sul socio rimase pressoché invariato (tra il 36 e il 43%).
Dal periodo di imposta che inizia successivamente al 31 dicembre 2016, cioè dal 2017 ad anno solare, l'Ires scende al 24% e si rende pertanto necessario alzare la quota di concorso al reddito del socio qualificato. Ha provveduto in tal senso il Dm 26 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 160 dell'11 luglio. La misura è stata pertanto aumentata al 58,14%, sempre riferibile all'anno di formazione dell'utile societario, da cui la necessità di gestire i basket di formazione delle riserve e di operare la distinzione nella certificazione rilasciata ai soci.
Il conseguente effetto complessivo oscilla quindi, in funzione dello scaglione Irpef, tra il 34 e l'immutato 43%. E' evidentemente impossibile mantenere la stessa incidenza fiscale per qualsiasi aliquota sia dell'Ires che dell'Irpef, in quanto le loro oscillazioni non sono del tutto sincrone.
Ma se – in funzione del periodo di formazione dell'utile – vedremo ancora per molti anni certificazioni con le precedenti misure del 40 e del 49,72%, la distinzione relativa alla misura del capital gain finirà subito, se la cessione delle partecipazioni è stata posta in essere dal 1° gennaio di quest'anno. Il ricorso alle precedenti percentuali opera solo se, vigenti tali misure, le partecipazioni sono già state cedute, ma il corrispettivo viene riscosso oggi, in tutto o in parte.
Queste nuove misure confermano peraltro la penalizzazione a carico dei piccoli azionisti, cioè dei soggetti che non possono essere considerati soci qualificati. Nei loro confronti opera sempre la ritenuta secca del 26% sul dividendo, che determina una tassazione sempre superiore allo scaglione più elevato del socio qualificato.
Riprendendo i calcoli che hanno portato alla nuova percentuale del 58,14, il presupposto a monte è che la società, pagando Ires per 24, possa distribuire un dividendo di 76. Ma se applichiamo il 26% a 76, risulta una ritenuta di 19,76 che sommata ai 24 di Ires dà luogo ad una tassazione complessiva di 43,76, cioè più alta di quella del socio qualificato nell'ultimo scaglione Irpef.
Si parla tanto in questo momento di flat tax, inserendo in questa nozione anche la cedolare secca sui dividendi. Peccato che sia più elevata della tassazione progressiva. Per evitare una certa pronuncia di illegittimità costituzionale, occorre che la norma venga modificata, in modo che il socio non qualificato possa considerare la ritenuta a titolo di acconto, procedendo alla dichiarazione del dividendo al pari di un grande azionista.

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