Una sola «voce» per i comproprietari
I comproprietari di partecipazioni in società di capitali possono esercitare i propri diritti solo per mezzo del rappresentante comune. Lo ricorda il Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di impresa (presidente Cardinali, relatore Bernardo), in una sentenza dello scorso 3 luglio.
Questi i fatti. A seguito del decesso dell’unico socio di due società a responsabilità limitata, le quote delle Srl erano state ereditate dai figli dello stesso socio. Il rappresentante comune degli eredi aveva poi convocato le assemblee delle due Srl, che quindi deliberavano la revoca dei precedenti amministratori e la nomina di nuovi organi gestori. Due soci coeredi hanno allora chiesto una pronuncia di nullità delle delibere, sostenendo che le riunioni erano state indette da un soggetto non legittimato. Dal canto loro, le Srl hanno domandato il rigetto dell’istanza, deducendo che alle assemblee aveva partecipato la comune rappresentante dei coeredi con la totalità del capitale sociale.
Nel decidere la lite, il tribunale di Roma ricorda che in base all’articolo 2468 del Codice civile, in caso di comproprietà di una partecipazione, i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune, nominato secondo le modalità previste dagli articoli 1105 e 1106 dello stesso Codice (relativi alla comunione dei diritti reali).
Si tratta di una norma il cui scopo è «quello di individuare un unico interlocutore con la società, al fine di agevolare i rapporti tra questa e i partecipanti alla comunione»; sicché – si legge ancora nella sentenza del Tribunale di Roma – ogni diritto connesso alla titolarità della quota deve essere «necessariamente esercitato per il tramite del rappresentante comune».
Peraltro, nell’applicare l’analoga disciplina prevista per le Spa (contenuta nell’articolo 2347 del Codice civile), i giudici hanno affermato che i diritti dei comproprietari delle azioni spettano esclusivamente al delegato nominato dalla maggioranza dei comproprietari e non possono essere esercitati disgiuntamente e in via individuale.
Le norme in questione prevedono, dunque, un’ipotesi di rappresentanza necessaria, sicché il singolo comproprietario non è legittimato, ad esempio, a presentare la denuncia di gravi irregolarità, da parte degli amministratori, nella gestione della società (articolo 2409 del Codice civile), né a esercitare i diritti di intervento e di voto in assemblea o di impugnativa delle delibere assembleari. Così come spetta solo al rappresentante comune l’esercizio dei diritti patrimoniali (ad esempio, quello agli utili) e di quelli a contenuto misto (come il diritto di opzione o di recesso).
Per questi motivi, il tribunale ha quindi dichiarato il difetto di legittimazione degli attori a impugnare le delibere delle società, spettando il relativo potere solo al coerede che era stato nominato comune rappresentante.