Controlli e liti

Voluntary-bis a caccia di correzioni in corsa

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di Antonio Tomassini


La voluntary-bis non decolla. Non solo per la complessità della procedura, che l’Agenzia sta cercando di superare con iniziative come quella del recente rilascio del software di calcolo di sanzioni e interessi, ma soprattutto per lo scarso appeal della regolarizzazione domestica del contante, che doveva essere il cuore della seconda edizione e che invece è stata modificata in corso in modo troppo penalizzante per assopire le suggestive ma infondate critiche sulla misura.

Già su queste colonne erano stati evidenziati i quattro freni alla voluntary-bis:

1) complessità

2) dubbi sulle sanzioni e raddoppio termini

3) regolarizzazione contante non conveniente

4) scarsa incisività dei controlli all’estero in assenza dell’appoggio delle istituzioni straniere), che sono ancora tutti lì a meno di tre mesi dalla scadenza del 31 luglio.

Si allontana quindi l’obiettivo del governo che puntava al recupero di 1,6 miliardi.

Sul fronte della complessità della procedura, il software di calcolo di sanzioni e interessi disponibile in via sperimentale sul sito dell’Agenzia (che tuttavia sembra chiudere all’applicazione del cumulo giuridico sanzionatorio per le violazioni RW, che avrebbe dato un po’ di slancio all’autoliquidazione), la circolare che dovrebbe essere in dirittura di arrivo e l’esperienza della prima disclosure, dovrebbero aiutare i professionisti impegnati nell’affrontare le (poche) procedure in essere. Certo occorrerebbe più chiarezza sul calcolo delle imposte e anche su temi quali, ad esempio, il recupero delle imposte pagate all’estero (negata nella prima voluntary) e sulla tassazione dei dividendi al netto o al lordo delle imposte pagate all’estero.

Resta aperto il tema del raddoppio di sanzioni e periodi in caso di attività detenute in Paesi che hanno concluso accordi sullo scambio di informazioni fiscali con l’Italia prima del 24 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del Dl 193/2016 ), ma la cui entrata in vigore sia successiva a questa data. È il caso, tra gli altri, di Panama. Qui si dovrebbe pensare ad una modifica normativa che faccia riferimento, come data “spartiacque” per la concessione dei benefici premiali massimi, a quella di “conclusione” degli accordi e non già a quella della “entrata in vigore” (come avvenuto nella prima voluntary per la Svizzera). Oppure si potrebbe pensare a una più generale modifica normativa che estenda il beneficio ai Paesi che comunque abbiano adottato una qualche forma di scambio di informazioni di matrice Ocse (si pensi ad esempio ai Paesi black list che figurano tra gli early adopter del Crs) .

Ma il vero cambiamento di rotta dovrebbe interessare la procedura di regolarizzazione domestica dei contanti (tra i 100 e i 150 miliardi di euro di banconote in giro per l’Italia, una cifra spaventosa che merita massima attenzione). Occorre rimettere mano alla procedura e introdurre una forfettizzazione degli imponibili (non delle imposte) prevedendo nel contempo un periodo di “deposito” delle somme presso una fiduciaria iscritta al registro previsto dall’articolo 106 del Tub anche successivamente al termine della procedura, con finalità di adeguata verifica rafforzata e di monitoraggio degli utilizzi. La modifica potrebbe accompagnarsi alla previsione di ulteriori agevolazioni in caso di destinazione temporanea dei fondi ad opere di interesse pubblico (si potrebbe prevedere la sottoscrizione di social bond) e/o ad una super Ace per chi dovesse reinvestire i soldi regolarizzati in iniziative imprenditoriali. Misure sul corso della moneta e incentivi (tipo deduzioni fiscali) per chi utilizza la moneta elettronica completerebbero il quadro. Allo stato della legislazione vigente, nelle more di una più che auspicabile modifica, l’Agenzia dovrebbe almeno chiarire che, rispetto alla prevista presunzione di imponibilità integrale, il regime probatorio per il contribuente, idoneo a disapplicare la presunzione, faccia maggior leva sulle dichiarazioni sostitutive degli stessi contribuenti e su alcuni indicatori fondati sull’id quod plerumque accidit, quali la professione del contribuente (o il fatto che sia in pensione), l’«anzianità» della sua attività o la presenza di lasciti.

Sul fronte della collaborazione con le istituzioni estere (sia finanziarie sia autorità fiscali) e sulle iniziative dell’agenzia delle Entrate per intercettare capitali in fuga, sembra che l’attenzione sia focalizzata sui contribuenti che abbiano trasferito la propria residenza all’estero e sulle richieste di gruppo, magari indirizzate a comprendere anche chi abbia trasferito i capitali post sottoscrizione dei vari accordi attraverso il “transito” in una giurisdizione white list prima del definitivo approdo in una giurisdizione (ritenuta) sicura.
Nel frattempo continuano ad aumentare gli accordi sullo scambio di informazioni conclusi dall’Italia, come è avvenuto con la recente firma di quello con gli Emirati Arabi, e ciò potrebbe rappresentare una ulteriore spinta ad aderire.

Insomma la procedura langue, ma se modificata e prorogata (o messa a regime) ci sarebbe ancora spazio per rilanciarla.

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