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Nuova Imu Enc, tra novità e nodi irrisolti

di Giuseppe Debenedetto

  • Quando Entro il 30 giugno 2023

  • Cosa scade Dichiarazione Imu annualità d’imposta 2021/2022

  • Per chi Enti non commerciali

  • Come adempiere Trasmissione telematica modello della dichiarazione

1In sintesi

Anche per gli enti non commerciali è arrivato il modello per la dichiarazione della nuova Imu.
Con decreto ministeriale del 4 maggio 2023 è stato approvato il nuovo modello di dichiarazione Imu per gli enti non commerciali (Imu Enc), nonché le relative istruzioni per la compilazione e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica.

Si tratta del modello di dichiarazione previsto dall’articolo 1, comma 770, della legge 160/2019, che sostituisce il vecchio modello di cui al Dm 26 giugno 2014 e completa il quadro dei modelli di dichiarazione della nuova Imu, dopo l’adozione del Dm 29 luglio 2022 riguardante le persone fisiche e gli enti commerciali.

Il termine per la presentazione della dichiarazione è fissato al 30 giugno dell’anno successivo, pertanto la dichiarazione dell’anno 2022 va trasmessa entro il 30 giugno 2023, termine entro il quale va trasmessa anche quella relativa all’anno 2021 come da proroga disposta dal Dl 198/2022 proprio per consentire l’adozione del nuovo modello ministeriale.

Rimane il disallineamento tra le istruzioni ministeriali e la giurisprudenza di legittimità.

2Le novità della nuova dichiarazione

Tra le novità previste dal nuovo modello di dichiarazione Imu Enc, da presentarsi annualmente, si segnala l’eliminazione dei riferimenti alla Tasi, trattandosi di un tributo soppresso dal 2020 e confluito nella nuova Imu.

Rispetto al vecchio modello, nel nuovo è presente un frontespizio contenente l’informativa sulla privacy ed inoltre si dovrà indicare in alto l’anno di presentazione della dichiarazione (anziché l’anno a cui si riferisce la dichiarazione), mentre il periodo d’imposta va indicato al rigo sottostante.

Un’altra particolarità è costituita, rispetto al modello del Dm 26 giugno 2014, dall’introduzione della tipologia di dichiarazione “sostitutiva”, nel caso in cui si deve procedere a una integrazione o rettifica di dati precedentemente dichiarati.

3I quadri

La dichiarazione è suddivisa in quattro quadri, come in precedenza:
A) Immobili totalmente imponibili o esenti;
B) Immobili parzialmente imponibili o totalmente esenti;
C) Determinazione dell’Imu;
D) Compensazioni e rimborsi.

Da notare che il quadro A è riferito adesso agli immobili totalmente imponibili o esenti, mentre nel vecchio modello venivano indicati solo gli immobili totalmente imponibili.Relativamente alle caratteristiche degli immobili, scompaiono i codici 5.1 (per gli immobili non prodottivi di reddito fondiario) e 5.2 (per gli immobili locati), viene introdotta una nuova codifica T/U (T se l’immobile è censito nel catasto terreni e U se è censito nel catasto urbano) e viene inserito un campo riguardante l’Esenzione Quadro Temporaneo Aiuti di Stato, tra le novità che hanno impatto sul nuovo modello dichiarativo.

Sul fronte giurisprudenziale si segnala il recente orientamento della Cassazione che impone agli enti non commerciali la presentazione della dichiarazione per poter usufruire dell’esonero dall’Imu (pronunce 32742/2022, 36926/2022 e 37385/2022).

La dichiarazione costituisce quindi un presupposto necessario per invocare l’agevolazione d’imposta.

4Le criticità della nuova dichiarazione per le attività didattiche

Le istruzioni ministeriali confermano che nel quadro B, nel caso di immobile esente, il dichiarante deve barrare il campo relativo a immobile esente e compilare i quadri Cm e Cms (per le attività didattiche) e Cenc e Cm (per le altre attività).

In particolare, per le attività didattiche è necessario indicate il corrispettivo medio (Cm) percepito dall’ente non commerciale e il costo medio per studente (Cms) pubblicato sul sito internet del Ministero dell’Istruzione e del Merito, e dell’Università e della Ricerca.

Le istruzioni ministeriali precisano che il Cms costituisce il parametro di riferimento per verificare il rispetto del requisito di cui alla lettera c), comma 3, dell’articolo 4 del Dm 200/2012. Si tratta della disposizione che consente di esonerare dall’Imu l’ente non commerciale quando «l’attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso».

Seguendo le istruzioni ministeriali, occorre effettuare il confronto tra Cm e Cms: se Cm è inferiore o uguale a Cms significa che l’attività didattica è svolta con modalità non commerciali e quindi non è assoggettabile all’Imu.

Occorre tuttavia evidenziare che il recente orientamento della Cassazione disconosce il criterio del costo medio, dovendosi fare riferimento solo a quanto stabilito dal Dm 200/2012 (ultima la decisione 9922/2023).

Per la Cassazione il Cm (corrispettivo medio) inferiore al Cms (costo medio per studente sopportato dallo Stato) non dà automaticamente diritto all’esenzione dall’Imu per le attività didattiche, ritenendo non vincolanti le istruzioni ministeriali allegate al Dm del 2014.

In particolare, con la decisione 4946 del 16 febbraio 2023 la Cassazione ha affermato che la scuola paritaria gestita da un ente ecclesiastico non può usufruire dell’esonero dall’Imu se la retta non si discosta da quella di mercato, essendo peraltro irrilevante il riferimento al costo medio indicato dal Dm 26 giugno 2014.

Nel caso in esame la scuola paritaria contestava l’accertamento del Comune relativo all’Imu 2015, che riteneva non dovuta avendo rispettato il rapporto tra il costo medio (Cm) e il costo medio per studente (Cms), nonché dai contenuti dei dati di bilancio da cui emergeva un risultato in disavanzo. Ebbene, la Cassazione ribadisce che l’unico parametro da considerare è quello contenuto nell’articolo 4 comma 3, lettera c) del Dm 200/2012, che si riferisce all’attività svolta a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio.

Il dato normativo obbliga quindi ad una valutazione puntuale, non predeterminata, riferita alle specifiche condizioni in cui opera il singolo ente non commerciale, delineando un accertamento basato sulla verifica dell’irrisorietà della retta, in ragione della sua inidoneità a porsi pure come larvata forma retributiva dell’attività didattica prestata.

La valutazione non può essere pertanto limitata all’applicazione meccanica di un parametro (come il rapporto tra Cm e Cms previsto dalle istruzioni ministeriali) stabilito in via generale.

L’esenzione deve essere quindi negata se l’attività didattica viene esercitata dietro il pagamento di una retta che non si è discostata, nell’ammontare, da quella di mercato.

In conclusione si crea un contrasto tra le istruzioni ministeriali - che continuano a indicare il parametro del costo medio - e la Cassazione che ritiene invece applicabile solo il Dm 200/2012 come diretta attuazione dell’articolo 91, comma 3-bis, del Dl 1/2012.

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