Controlli e liti

Responsabilità 231 anche se il risparmio per l’ente è esiguo

Il differente principio secondo cui l'esiguità potrebbe implicare la commissione del reato nell’interesse dell’ente solo se è provata la prevalenza delle esigenze di profitto rispetto alla tutela dei lavoratori, si applica esclusivamente in un contesto di osservanza delle disposizioni da parte della società

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Società responsabile ai sensi del Dlgs 231/2001 per l’illecito dell’amministratore anche se la violazione ha comportato un esiguo risparmio di spesa. Il differente principio secondo cui tale esiguità potrebbe implicare la commissione del reato nell’interesse dell’ente solo se è provata la prevalenza delle esigenze di profitto rispetto alla tutela dei lavoratori, si applica esclusivamente in un contesto di osservanza delle disposizioni da parte della società. A fornire questa rigorosa interpretazione è la Cassazione con la sentenza n. 13218 depositata il 7 aprile.

La pronuncia trae origine da un procedimento penale nei confronti dell’amministratore e della società per le lesioni subite da un dipendente sul posto di lavoro. L’ente era ritenuto responsabile a norma degli articoli 5 e 25-septies del Dlgs 231/2001 perché il reato sarebbe stato commesso nel suo esclusivo interesse, in assenza di procedure amministrative volte a controllare l’operato dell’amministratore con delega alla sicurezza: l’amministratore, infatti, avrebbe agito per realizzare un risparmio di spesa nell’esclusivo interesse della società. Contro la sentenza di condanna della Corte di appello ricorrevano per cassazione sia la persona fisica, sia la società.

L’ente eccepiva, tra l’altro, l’assenza dei presupposti della propria responsabilità. Evidenziava, in buona sostanza, che le spese sostenute per manutenzione e sicurezza erano di gran lunga superiori al risparmio che l’ente, secondo la tesi accusatoria, avrebbe conseguito grazie agli inadempimenti dell’amministratore.

La Cassazione ha confermato la condanna. Secondo i giudici di legittimità, il risparmio minimo conseguito per la mancata adozione di idonee misure a fronte delle ingenti spese affrontate dalla società per la manutenzione e la sicurezza, non assume alcun rilievo.

Non trova applicazione, nella specie, il generale principio, affermato recentemente dalla Suprema Corte, secondo cui ove il giudice accerti l’esiguità del risparmio derivante dall’omissione delle cautele dovute, per affermare che il reato sia stato realizzato nell’interesse dell’ente è necessaria la prova dell’oggettiva prevalenza delle esigenze di produzione e profitto rispetto a quelle della tutela dei lavoratori. In sostanza un simile principio può operare solo in un contesto di generale osservanza da parte dell’impresa delle disposizioni (nella specie in materia di sicurezza del lavoro).

Nella vicenda, invece, il rischio era stato valutato esistente e le misure per prevenirlo indicate nel relativo documento di valutazione, erano state consapevolmente disattese per un lungo periodo di tempo.

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