Contabilità

Società, solo il modello «231» fa da scudo contro la responsabilità

di Giovanni Negri

Utilizzo esteso delle intercettazioni nei confronti della società. Anche quando il procedimento, formalmente amministrativo, che la riguarda, è distinto da quello penale contro gli amministratori. E poi, il modello Iso 9001 non può essere considerato equivalente a quello richiesto dal decreto 231 del 2001 per scongiurare la responsabilità della persona giuridica. Come pure quello Deloitte se manca di codice etico e codice di comportamento. Ancora, è diverso l’intersse all’impugnazione, anche in caso di prescrizione per i manager, tra persona fisica e giuridica. Tutte conclusioni raggiunte dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 41768 della Sesta sezione penale depositata ieri (nella vicenda delle residenze assistite nella Regione Puglia che aveva visto coinvolti l’ex presidente Raffaele Fitto e Giampaolo Angelucci) che fornisce una serie di interpretazioni sulla materia della responsabilità degli enti per reati commessi dai dipendenti.

Per quanto riguarda l’utilizzabilità delle intercettazioni, la Cassazione sottolinea come non ci sono ostacoli quando sono state disposte per il reato presupposto (in questo caso la corruzione), nè quando i procedimenti contro la società e i manager sono formalmente separati, nè l’annotazione del procedimento nei confronti dell’ente è arrivata dopo rispetto all’effettuazione delle operazioni di ascolto. La Corte ricorda che, anche a volere sostenere la tesi della distinzione tra reato presupposto e illecito amministrativo, non può essere ignorato lo stretto collegamento «sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico, tra il contenuto dell’originaria notizia di reato alla base dell’autorizzazione e quello dell’illecito amministrativo dipendente da reato».

Quanto ai modelli organizzativi, la Cassazione è chiara: i modelli aziendali Iso 9001 non valgono come “scudo” a vantaggio della società. Infatti non contenevano l’individuazione degli illeciti da prevenire insieme con il sistema sanzionatorio da applicare per le violazioni al modello e si riferivano solo al controllo della qualità del lavoro nella prospettiva del rispetto della disciplina di prevenzione degli infortuni sul lavoro o degli interessi tutelati dai reati in materia ambientale.

Il modello Deloitte, oltre ad essere stato adottato dopo la commissione dei reati presupposto «non conteneva, tra l’altro, nè il codice di comportamento e le relative procedure, nè il codice etico, nè le procedure per la conoscenza dei modelli, nè il sistema sanzionatorio».

Dopo avere precisato che nel caso gli autori (persone fisiche) dei reati abbiano agito nell’interesse proprio o di terzi, la conseguenza può essere quella della riduzione a carico dell’ente, la Cassazione si sofferma sulla diversità di posizione, quanto a interesse a impugnare, tra società e persone fisiche. Infatti, osserva la Corte, nel caso di un giudizio di prescrizione nei confronti dei manager, senza conseguenza sul piano civile, e di sanzione a carico dell’ente quest’ultimo può evidentemente contestare il verdetto.

La sentenza, sul punto, ricorda che l’assoluta identità di posizioni tra l’imputato persona fisica e l’ente in materia di impugnazione, potrebbe avere conseguenze paradossali. Potrebbe, per esempio, verificarsi il caso di vizi che comportano l’annullamento con rinvio e si riferiscono al alla posizione del solo imputato persona fisica (è il caso della nullità in materia di citazione a giudizio). In questi casi il processo verrebbe definito nei confronti dell’ente, mentre dovrebbe proseguire nei confronti del solo imputato persona fisica per il quale però esiste, già dichiarata, una causa di estinzione del reato.

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