Associazioni sportive dilettantistiche, la quota aggiuntiva non equivale a partecipazione associativa
Il collegio emiliano con la sentenza n. 170 depositata il 4 luglio offre un interessante principio di diritto sul regime fiscale agevolato delle associazioni sportive dilettantistiche.
A una associazione sportiva veniva notificato dall’agenzia delle Entrate un avviso di accertamento in materia di imposte dirette e Iva per l’anno 2013 sul presupposto che violasse la normativa agevolatrice e che, di fatto, svolgesse un’attività commerciale posto che ai soci veniva chiesta una quota maggiore o minore a seconda degli sport praticati.
L’introduzione delle legge n. 398 del 1991 ha apportato importanti novità nel panorama normativo del terzo settore, a favore di quegli enti che, accanto all’attività istituzionale intendono svolgere anche una attività di natura commerciale. Il regime agevolativo può essere concesso al ricorrere di determinati requisiti:
•non devono perseguire finalità di lucro nello svolgimento dell’attività istituzionale;
•devono svolgere un’attività sportiva riconosciuta dal Coni e devono essere affiliate a una Federazione sportiva nazionale o a un ente di promozione sportiva riconosciuti dal Coni (se trattasi di associazioni o società sportive dilettantistiche);
•dal punto di vista oggettivo i proventi dell’anno precedente, derivanti dall’attività commerciale, non devono essere superiori a 250.000 euro.
Nel caso di specie e con riferimento al requisito oggettivo l’Agenzia deduce che con l’iscrizione gli associati, pur ricevendo la tessera per poter fruire delle attrezzature, dovessero pagare una ulteriore quota per tempo e tipologia di servizio richiesto; e ancora che il rilascio di tessere temporanee al fine di consentire accessi a singole lezioni o servizi fitness costituirebbe una temporaneità di partecipazione alla vita associativa in violazione all’articolo 148, comma 8, lettera C, Tuir.
Secondo i giudici, invece, il fatto di essere associati e di aver versato la relativa quota associativa non preclude il diritto a partecipare, senza altri costi a tutte le iniziative sociali e/o a tutti i corsi posto che gli stessi avevano costi diversi che non potevano indiscriminatamente essere ripartiti fra tutti gli associati ed anche quindi a chi non vi avesse partecipato; insomma il fatto che per ogni corso, per ogni iniziativa venisse fatto versare all’associato partecipante una quota ulteriore non significa che vi fosse una temporaneità degli stessi nella vita associativa ma soltanto che venisse correttamente imputato a ciascun associato la quota di costo che l’associazione sopportava per quell’iniziativa cui lo stesso partecipava.
Il collegio accoglie quindi il ricorso dell’associazione e conseguentemente annulla l’atto impositivo.
La sentenza n. 170/2017 della Ctp Reggio Emilia