Autotutela anti-pignoramento se la sanatoria liti è ignorata
Presentazione immediata di istanza di autotutela per bloccare eventuali procedure cautelari o esecutive. È quanto sono chiamati a fare i contribuenti che, nonostante abbiano presentato l’istanza di definizione liti pendenti e pagato le prime due rate (la terza e ultima scade il prossimo 2 luglio), siano stati comunque raggiunti da un preavviso di fermo o direttamente da una comunicazione di pignoramento presso terzi. In questi casi, è quindi necessario attivarsi, presentando un’apposita istanza sia all’ente impositore che all’agenzia della Riscossione, per comunicare l’avvenuta adesione e chiedere l’interruzione immediata della procedura avviata.
L’articolo 11 del Dl 50/2017 ha previsto la definizione delle controversie rientranti nella giurisdizione tributaria, a condizione che il ricorso (o il reclamo-mediazione) fosse stato notificato entro il 24 aprile 2017 e che le liti fossero ancora pendenti anche presso la Corte di cassazione alla data del 30 settembre 2017, termine ultimo di presentazione della domanda di definizione. Potevano essere definite tutte le liti fiscali pendenti con l’agenzia delle Entrate o con gli enti territoriali che hanno deliberato in tal senso, mentre erano escluse le liti sui contributi previdenziali e assistenziali, sui dazi doganali, nonché sull’Iva all’importazione e sul recupero di aiuti di Stato.
Per chiudere la lite, quindi, occorreva pagare, a prescindere dalle pronunce giudiziali, gli importi richiesti nell’atto impositivo originariamente impugnato a titolo di imposta e gli interessi da ritardata iscrizione a ruolo, calcolati sino al 60° giorno successivo alla notifica. Entro il 30 settembre 2017, per ciascuna controversia il contribuente doveva presentare un’apposita domanda all’ufficio delle Entrate che aveva emesso l’atto impositivo impugnato, scegliendo se effettuare i versamenti degli importi dovuti in unica soluzione oppure in tre rate (da versare il 30settembre e il 30 novembre, nella misura del 40% ciascuna e il 2 luglio 2018 per il restante 20%).
Tuttavia, con riferimento proprio agli atti impositivi oggetto di definizione agevolata, alcuni contribuenti, pur avendo presentato l’istanza di definizione e pagato già tutti gli importi dovuti (o almeno nella misura dell’80%), stanno ricevendo in questi giorni preavvisi di fermo o di iscrizione di ipoteca o, in alcuni casi, addirittura direttamente pignoramenti presso terzi per le stesse somme oggetto di definizione.
Pertanto, tolti i casi in cui vi sia stato un esplicito diniego da parte dell’ufficio delle Entrate in merito all’accoglimento dell’istanza di definizione, in presenza di pagamenti regolari o comunque regolarizzati attraverso il ravvedimento, l’unica spiegazione plausibile è un difetto di comunicazione tra l’ente impositore e l’agente della riscossione. Sembrerebbe, infatti, che gli uffici delle Entrate che hanno gestito in prima linea le definizioni delle liti pendenti non sempre abbiano tempestivamente comunicato tale circostanza all’agente della riscossione, con conseguente richiesta di sgravio delle relative somme affidategli.
Al fine, dunque, di bloccare misure cautelari ed esecutive già avviate o anche di prevenirne l’avvio, è opportuno che i contribuenti che hanno aderito alla definizione delle liti pendenti presentino un’istanza di sgravio delle somme oggetto di definizione sia all’ente impositore che all’agenzia per la Riscossione. Questo anche alla luce del fatto che alla definizione delle liti pendenti si applicano le regole previste in caso di accertamento con adesione (articolo 8 Dlgs 218/97), con la conseguenza che, a differenza di quanto previsto per la rottamazione dei ruoli, la definizione delle liti pendenti si è comunque perfezionata anche se il pagamento non è ancora completato, essendo ancora dovuta la terza rata.