Controlli e liti

Avviso valido anche se le osservazioni del contribuente non sono menzionate

di Roberto Bianchi


L'avviso di accertamento che non menziona le osservazioni del contribuente, ex articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 (Statuto del contribuente), è da considerarsi valido, preso atto che, da una parte, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali viene espressamente prevista dalla legge, oppure dalle quali derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di qualsivoglia effetto e, dall’altra, l’amministrazione finanziaria ha l’obbligo di considerare tali osservazioni, ma non di esplicitare la richiamata valutazione all’interno dell’atto impositivo. A tale conclusione è giunta la Cassazione con la sentenza 1778/2019 ( clicca qui per consultarla ).

La vicenda, afferente il contraddittorio tra agenzia delle Entrate e contribuente, prosegue ad attrarre l’attenzione degli operatori, assumendo o meno rilevanza in merito a casistiche che risultano essere effettivamente di natura eterogenea. Sul tema tuttavia, in ambito giurisprudenziale, si sta consolidando un orientamento recente della Suprema corte finalizzato a salvaguardare gli atti impositivi emessi dall’ufficio, sebbene privi di qualsivoglia richiamo ai contenuti delle memorie difensive del contribuente. È opportuno ricordare che la prima parte dell’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 dispone che «nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli Uffici impositori» mentre la seconda parte chiarisce che «l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza».

Attraverso la lettura della prima parte del comma 7 e il suo confronto con il maggior rigore espresso dalla seconda parte, sebbene entrambi afferenti al medesimo contesto, ci viene consentito di sostenere che all’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di “valutare” le osservazioni del contribuente, a pena di nullità ed entro un termine dilatorio di sessanta giorni (Cassazione, Sezioni unite, sentenza 18184/2013), non si aggiunge l’ulteriore coercizione di dover esplicitare tale valutazione all’interno dell’atto impositivo.
La conclusione appare, alla luce delle menzionate e recenti riflessioni, certamente condivisibile anche in considerazione della circostanza che la giurisprudenza della Suprema corte ha, in effetti, più volte rappresentato che non tutte le irregolarità possono dar luogo a nullità, ma soltanto quelle così sanzionate dalla legge, ovvero quelle che, anche in difetto di una comminatoria espressa, risultano talmente lesive di specifici diritti o di garanzie tali da impedire la produzione di qualsiasi effetto da parte dell’atto al quale ineriscono (Cassazione, sentenza 4324/2011). Pertanto l’atto impositivo “silente” sulle osservazioni del contribuente non viola le disposizioni di legge menzionate, ritenendo che, con l’emissione dell’atto di accertamento, si debbano considerare implicitamente respinte le argomentazioni presentate dalla parte per il tramite delle memorie difensive, una volta osservato il termine dilatorio di sessanta giorni, rappresentato nella medesima disciplina.

Cassazione, sentenza 1778/2019

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