Imposte

Bonus ai manager, fiscalità a due vie

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di Francesco Avella

L’incentivazione del management tramite azioni e strumenti finanziari (equity-based) non beneficia da anni del favore del Fisco italiano, ma il recente intervento sulla tassazione del cosiddetto carried interest (partecipazione rafforzata ai profitti)contenuto nel Dl 50/2017 manifesta quanto meno una nuova attenzione verso il fenomeno. Negli ultimi anni si sono moltiplicate infatti le modalità di coinvolgimento del management negli incrementi di valore delle società gestite o nei loro profitti. La fiscalità associata all’incentivazione equity-based è legata alla forma di incentivazione. Si distinguono:

• piani in cui strumenti finanziari sono assegnati fin dall’inizio, dietro pagamento o meno, con o senza diritti patrimoniali rafforzati e/o diritti sociali ristretti e particolari vincoli e restrizioni (ad esempio, i free/restricted share plans);

• piani in cui strumenti finanziari sono assegnati al raggiungimento di determinati obiettivi e condizioni di vesting (resctricted stock units e stock grant);

• piani in cui sono assegnati diritti di acquistare strumenti finanziari al raggiungimento di determinati obiettivi e condizioni di vesting (stock options);

• piani in cui sono corrisposti compensi in denaro parametrati al valore di strumenti finanziari, al raggiungimento di determinati obiettivi e condizioni di vesting (phantom stock).

L’inquadramento del reddito

Dal punto di vista fiscale, la questione più rilevante riguarda l’inquadramento degli eventuali profitti tra i redditi di lavoro dipendente o tra i redditi di natura finanziaria (di capitale e diversi).

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L’inquadramento è meno scontato di quanto possa apparire, per l’ampiezza della definizione di «reddito di lavoro dipendente», inteso come tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti, anche sotto forma di erogazioni liberali e anche da soggetti diversi dal datore di lavoro, in relazione al rapporto di lavoro.

Secondo il consolidato orientamento delle Entrate, laddove per ottenere l’assegnazione dei valori sia imprescindibile lo status di lavoratore, questi valori sono espressivi dell’impegno profuso dall’assegnatario nell’attività della società e si qualificano, pertanto, come reddito di lavoro dipendente o assimilato (intendendo per quest’ultimo il caso degli amministratori che non sono anche dipendenti).

Così, se al manager è consentito ottenere, per un corrispettivo di due euro, azioni che non potrebbe acquisire se non fosse dipendente della società, il cui valore normale corrisponde a cinque euro, il differenziale di tre euro costituisce reddito di lavoro dipendente. È pacifico, infatti, che costituisca reddito di lavoro dipendente il valore di quanto assegnato, al netto di quanto corrisposto dal dipendente o trattenuto dal datore o da terzi (circolare 30/E/2000 e risoluzione 103/E/2012).

L’investimento in strumenti finanziari cui il manager ha accesso indipendentemente dal suo status di lavoratore, invece, non dà luogo a redditi di lavoro dipendente, nemmeno se effettuato in connessione con un piano di incentivazione (risoluzione 186/E/2002). E nemmeno se effettuato per un corrispettivo inferiore al valore normale, salvo che quell’acquisto al di sotto del valore normale sia riservato a soggetti con lo status di lavoratore.

Una volta entrato in possesso delle azioni o strumenti finanziari, il maggior valore successivamente acquisito dagli stessi rispetto al valore di acquisto assoggettato a tassazione ha natura finanziaria ed è da ricondurre tra i redditi diversi di natura finanziaria (circolare 30/E/2000) e i proventi di natura ricorrente sono da ricondurre tra i redditi di capitale.

Questa qualificazione sembra indubbia per azioni e strumenti finanziari privi di diritti patrimoniali rafforzati. Per quelli con diritti patrimoniali rafforzati (carried interest), invece, la questione è dubbia: alcuni leggono infatti, nella risoluzione 103/E/2012 indicazioni restrittive, che portano a una possibile qualificazione dei proventi come redditi di lavoro dipendente, se al manager non è consentito mantenere gli strumenti finanziari in caso di cessazione del rapporto di lavoro.

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