Controlli e liti

Capitali all’estero, la stretta non è retroattiva

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di Giorgio Gavelli e Marco Piazza

Si rafforza tra i giudici di merito la posizione contraria alla retroattività delle norme introdotte con l’articolo 12 del Dl 78/2009 per contrastare la mancata indicazione in dichiarazione dei redditi esteri. Secondo la parte prevalente dei giudici tributari (tabella a lato), tali norme non possono essere estese ai periodi d’imposta anteriori al 2009, il che comporta anche riflessi di un certo rilievo ai fini della voluntary disclosure.

L’articolo 12 del Dl 78/2009 prevede che: a) gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, in violazione degli obblighi di monitoraggio, ai soli fini fiscali si presumono costituiti, salvo prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione; b) in tale ipotesi le sanzioni ordinariamente previste per le violazioni dichiarative sono raddoppiate; c) per l’accertamento di tale presunzione gli ordinari termini di accertamento sono raddoppiati, così come sono raddoppiati i termini per accertare le violazioni commesse in tema di monitoraggio.

L’agenzia delle Entrate ha sempre ritenuto la “stretta” del Dl 78/2009 come «di natura procedimentale» e, quindi, sostanzialmente retroattiva (circolari 19/E/2017, 6/E/2015 e 27/E/2015).

La dottrina prevalente e buona parte della giurisprudenza hanno sempre nutrito significative perplessità sulla retroattività “ante-2009” della presunzione sulla costituzione in nero di investimenti e attività detenuti nei paradisi fiscali e sull’applicabilità a tali periodi d’imposta del raddoppio dei termini per le violazioni del monitoraggio e dei termini e delle sanzioni per quelle dichiarative.

Un nutrito numero di decisioni di merito, infatti, ha bocciato questa estensione temporale, ritenendo la modifica intervenuta nel 2009 come di «natura sostanziale» e non semplicemente procedimentale, inapplicabile, pertanto, al passato. Ad esempio, secondo la Ctr Lombardia (decisione 693/02/2017), «che l’articolo 12 del Dl 78 del 2009 sia una norma di natura sostanziale e non già meramente procedurale risulta pacifico dal fatto che tale disposizione stabilisce una presunzione legale di evasione, con inversione dell’onere della prova in capo al contribuente. Le norme sulle “prove” pongono regole di giudizio e, come tali, hanno sempre natura sostanziale, poiché la loro applicazione comporta una decisione di merito, di accoglimento o di rigetto della domanda». Addirittura, per alcune Commissioni (ad esempio Ctr Firenze), il primo periodo di applicazione è il 2010.

Per molti giudici di merito, una applicazione di queste disposizione a periodi precedenti al 2009 contrasterebbe:

con l’articolo 3, comma 1, del Dlgs 472/1997 (principio di legalità), secondo cui «nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione»;

con l’articolo 3, comma 1, dello Statuto del contribuente (legge 212/2000), secondo cui le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo, salvo norme dichiaratamente interpretative, disposte in casi eccezionali e qualificate come tali dal legislatore.

Molti di questi giudizi sfavorevoli all’amministrazione finanziaria giungeranno presto in Cassazione, la quale dovrà affrontare un tema piuttosto delicato, con notevoli conseguenze sia sugli accertamenti già in contenzioso (ad esempio quelli sulla cosiddetta lista Falciani) che sulle procedure di voluntary non definite.

LA GIURISPRUDENZA

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