Cessione d’azienda, non è coobbligato l’acquirente estraneo al giudizio
Il cessionario d’azienda non è coobbligato col cedente se è rimasto estraneo al giudizio promosso da questi contro l’avviso di accertamento emanato solo nei confronti del cedente e resosi definitivo a seguito di sentenza della Ctr passata in giudicato e la cui pretesa viene azionata per la prima volta con la notificazione del ruolo formato a titolo definitivo. Dal punto di vista sostanziale, perché l’Amministrazione non ha mai notificato al cessionario l’accertamento emanato nei confronti del cedente. Dal punto di vista processuale, perché il cessionario non è stato chiamato in causa nel giudizio promosso dal cedente. Così la Ctr Toscana con la sentenza 2364/9/2018 ( clicca qui per consultarla ).
La decisione
Da una parte, è vero che le iscrizioni a ruolo formati a titolo definitivo si basano su un accertamento notificato alla parte cedente, impugnato e poi resosi definitivo a seguito di sentenza della Ctr favorevole all’Amministrazione e non impugnata in Cassazione. Dall’altra parte, è altrettanto vero che tali ruoli non possono essere notificati anche alla parte cessionaria che non può essere considerata coobbligata.
Dal punto di vista sostanziale la cessionaria non ha ricevuto notifica dell’accertamento emanato nei confronti della cedente, cosa che l’erario avrebbe potuto (e dovuto) fare dato che la cessione d’azienda è avvenuta diversi anni prima la chiusura del Pvc e la notifica dell’accertamento. Dal punto di vista processuale, l’Amministrazione nel giudizio promosso dalla cedente, avrebbe dovuto effettuare la chiamata del terzo in base all’articolo 14 del Codice del processo tributario. Di conseguenza, non può essere considerata coobbligata la cessionaria perché non ha partecipato al giudizio tra cedente e ufficio.
La vicenda
Il 30 giugno 2006, con atto registrato l’11 luglio 2007, una società cooperativa vende a una Sas un ramo d’azienda. Successivamente l’Amministrazione, relativamente al periodo d’imposta 2005, chiude, il 1 ottobre 2008, una verifica fiscale nei confronti della cooperativa con tanto di formazione del Pvc, nel quale vengono riscontrate numerose irregolarità (ricavi di competenza non imputati all’esercizio, plusvalenze dichiarate in misura inferiore a quelle realizzate, costi ritenuti non inerenti, costi ritenuti inesistenti, indebita detrazione iva, eccetera), trasfuso poi in un accertamento notificato l’11 marzo 2009. Da qui nasce un contenzioso deciso a favore dell’Amministrazione con sentenza di secondo grado depositata il 22 dicembre 2011, la cui sentenza non veniva più impugnata dalla società cooperativa. L’Amministrazione allora forma dei ruoli che notifica dapprima alla cooperativa, e poi alla Sas per il beneficio di escussione, non essendo dato a buon fine. Ma la cessionaria si oppone, eccependo, tra gli altri vizi, di non aver mai ricevuto l’accertamento posto a base dei ruoli, né tanto meno è stata evocata nel giudizio promosso dalla cedente contro l’Amministrazione, e solleva in memoria nel giudizio di primo grado il 26 aprile 2017 che la sentenza della Ctr non potesse produrre i suoi effetti in base all’articolo 1306 del Codice Civile. L’Agenzia si costituisce contestando sia la novità della nuovo motivo nonché l’omessa richiesta di certificazione prevista dal terzo comma dell’articolo 14 del Dlgs 472 del 1997 che le avrebbe permesso, in caso negativo, di avere effetto pienamente liberatorio del cessionario.
Lo spartiacque temporale
A quanto risulta, è una delle prime sentenze tributarie in Italia in favore del contribuente sia in primo grado sia in appello relativa al combinato disposto degli articoli 1306 del Codice civile e dell’articolo 14 del Dlgs 546/1992.
L’implicito «spartiacque temporale» per la responsabilità solidale del cessionario per i debiti tributari in caso di cessione d’azienda. La norma prevede che il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.
Ma nulla dice circa quando questi rilievi devono essere constatati, se dopo la cessione, o prima della cessione. Ovvero, nel caso in esame, c’è il requisito temporale del 2005, anno accertato prima della cessione del 2006, anche se le operazioni materiali di constatazione dapprima, e di accertamento poi, sono rispettivamente del 2008 e del 2009. Ora è interessantissima la strategia processuale posta in essere dalla Sas, la quale fa un ragionamento molto semplice: se l’Amministrazione può accertare il soggetto cedente, e poi, in caso di successiva escussione negativa, chiedere il pagamento del debito tributario al cessionario, allora questa pretesa deve ab initio essere fatta conoscere anche al cedente se l’accertamento è di epoca successiva alla data di cessione del (ramo d’)azienda. E ciò può avvenire sia direttamente con la notifica dell’accertamento sia indirettamente con la chiamata in litisconsorzio. Trattasi di due profili autonomi, uno sostanziale, ed uno processuale. Non avendolo fatto, viene meno il presupposto (passaggio in giudicato dell’accertamento) per la successiva iscrizione a ruolo nei confronti del cessionario.
Di fatto, questo si traduce in una sorta di spartiacque temporale tra accertamenti fatti prima o dopo la cessione d’azienda, nel senso che, alla duplice condizione di un accertamento effettuato dopo la cessione d’azienda, ed omessa notifica dell’accertamento e/o a chiamare in giudizio il cessionario, il cessionario non potrà più rispondere per i debiti tributari accertati successivamente alla data di acquisto. E questo potrebbe valere non solo per l’attività accertativa, ma, come nel caso di specie, addirittura per l’attività ispettiva.
L’omessa richiesta della certificazione
L’Agenzia invoca l’omessa richiesta del certificato dei debiti tributari esistenti alla data di cessione, che, se fosse stata effettuata, avrebbe avuto effetto liberatorio nei confronti del cessionario. Ma la parte cessionaria non aveva l’interesse a chiederla dal momento che i debiti oggetto di iscrizioni a ruolo erano soltanto quelli nati successivamente alla data di cessione d’azienda o della data di presunto obbligo di richiesta della medesima. Anche se però è opportuno richiederla sempre per evitare tali contestazioni.
L’estensione
Tale principio può essere esteso anche a tutte quelle controversie di solidarietà fiscale. Si pensi, ad esempio, all’articolo 64 del Dpr 600 del 1973 circa la responsabilità tra sostituto e responsabile d’imposta. Ovvero alla solidarietà ai fini Iva prevista dall’articolo 60-bis del Dpr 633/ 1972.
Ctr Toscana, sentenza 2364/9/2018