Con la trasformazione scatta il tetto del 30% sugli interessi passivi
Per “trasformare” la propria azienda da una impresa individuale aduna società di capitali unipersonale la via più diretta e fiscalmente conveniente è il conferimento.
Con questa operazione l’imprenditore trasferisce il proprio patrimonio aziendale a una società di cui diventa socio unico, senza che emergano plusvalenze imponibili, quindi in regime di totale neutralità così come accade nella trasformazione societaria. L’imprenditore conferente, se è trasferita l’intera azienda e non un semplice ramo, perde lo status di titolare di reddito d’impresa e la partecipazione viene “spostata” nell’ambito della persona fisica.
A riprova di ciò l’articolo 176, comma 2-bis, del Tuir afferma che la cessione della partecipazione ricevuta in cambio della azienda conferita genera sempre reddito diverso ex articolo 67 del Tuir , e non invece il regime di Pex che sarebbe proprio della cessione eseguita da parte dell’imprenditore.
L’agenzia delle Entrate non ha mai chiarito se lo spostamento della partecipazione dall’impresa alla persona fisica generi un plusvalore da autoconsumo: una conseguenza che andrebbe però esclusa poiché negherebbe il carattere di neutralità fiscale che in questa operazione è indiscutibile.
Sul fronte della determinazione del reddito imponibile una differenza fondamentale tra il regime dell’impresa individuale e quello della Srl unipersonale è la deducibilità degli interessi passivi che avviene per l’importo totale, se inerenti l’attività di impresa per quanto attiene alla ditta individuale, mentre avviene applicando il tetto del 30% del Rol nella società conferitaria.
Altra conseguenza importante di tale operazione è che le riserve di utili già tassate presenti nel patrimonio netto della impresa individuale diventano riserve di capitali (o direttamente capitale sociale) nella società conferitaria, ma esse potranno ancora essere distribuite al socio senza emersione di imponibile, bensì con riduzione del valore fiscale della partecipazione.
Per quanto attiene alle obbligazioni civilistiche del conferente, il conferimento è assimilabile alla cessione di azienda, quindi il soggetto avente causa risponde delle passività non estinte dal soggetto dante causa relative all’azienda trasferita (articolo 2560 del Codice civile) e che compaiono nei libri contabili.
Se invece fosse conferito un singolo ramo d’azienda, la società conferitaria unipersonale risponderebbe solo dei debiti risultanti dai libri contabili e afferenti il ramo di azienda trasferito, mentre rimarrebbe estranea rispetto ai debiti relativi al ramo di azienda non conferito (Cassazione 13319 /2015) .
La recente modifica che dell’articolo 20 del Dpr 131/1986 (da parte dell’articolo 1, comma 87, della legge 205/17) permette di ritenere che non potrà più essere riqualificato come atto di cessione di azienda il conferimento di azienda eseguito dall’imprenditore individuale che poi ha ceduto la partecipazione ricevuto dal conferimento. Del resto questa operazione non potrà neppure essere contestata come abusiva del diritto, e ciò in forza dell’articolo 176 , comma 3 del Tuir.