Confronto obbligatorio sulle rettifiche per deduzioni duplicate
Prima di contestare un disallineamento da ibridi sarà necessaria, sulla scorta di quanto già avviene in materia di abuso del diritto, la notifica di una richiesta di chiarimenti, a pena di nullità dell’atto. Non troverà invece applicazione l’obbligo di «motivazione rafforzata» previsto dall’articolo 10-bis, comma 8, dello Statuto del contribuente (legge 212/2000). Le cosiddette «linking rule» dovranno essere utilizzate per individuare lo Stato titolare della potestà impositiva creata dagli «hybrid mismatch». A prevederlo è lo schema di decreto legislativo antielusione approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri dell’8 agosto e che dovrà ottenere i pareri delle Camere.
Le misure anti-ibridi in questione sono state elaborate dall’Ocse nell’ambito del progetto Beps e dall’Unione europea con le direttive Atad 1 e 2. Le principali novità contenute nello schema di decreto legislativo riguardano i disallineamenti che derivano:
•da un effetto di deduzione di un componente negativo di reddito in uno Stato senza la corrispondente inclusione nell’altro Stato (D/NI) entro il periodo d’imposta che inizia entro dodici mesi dalla fine del periodo d’imposta in cui il componente negativo di reddito è stato dedotto;
•dalla doppia deduzione del medesimo componente negativo di reddito in due Stati diversi (D/D).
Le transazioni a cui si applicheranno le nuove disposizioni sono quelle che avvengono nei gruppi societari internazionali. I disallineamenti da ibridi che si verificheranno tra soggetti non appartenenti ai gruppi, invece, rientreranno nel campo di applicazione della nuova disposizione solo nel caso di «accordi strutturati» ed ove risulti che il contribuente, oltre ad essere consapevole del disallineamento, abbia condiviso con gli altri soggetti il beneficio fiscale dell’operazione. I fenomeni più classici di D/NI hanno ad oggetto la deduzione della remunerazione relativa ad uno strumento finanziario che nello Stato del debitore viene qualificata fiscalmente come interesse, e quindi dedotta, mentre in quello del creditore viene qualificata fiscalmente come dividendo e quindi tassata in misura molto ridotta o non tassata.
Come osservato da Assonime nella circolare 19 del 1° agosto 2018, non rientrano nel campo di applicazione della normativa anti-ibridi le operazioni transnazionali in cui gli interessi relativi ad uno strumento finanziario sono deducibili nello Stato del debitore mentre in quello del creditore non sono sottoposti ad imposizione in virtù di un regime fiscale speciale di esenzione degli interessi attivi e non a causa della loro diversa qualificazione fiscale come dividendi. Al fine di effettuare una contestazione in materia da ibridi, il fisco dovrà applicare le cosiddette «linking rule», le quali, al fine di evitare che si verifichino i casi di doppia non imposizione da ibridi, nel caso di disallineamenti cosidetti D/NI, danno la precedenza al Paese del debitore, che è autorizzato a negare la deduzione del pagamento non tassato nell’altro ordinamento. Se nello Stato del debitore non è vigente alcuna norma anti-ibridi, sarà lo Stato del creditore che, in virtù della propria normativa anti-ibridi, potrà sottoporre ad imposizione il componente di reddito già dedotto nello Stato del debitore. Le «linking rule» relative al contrasto dei fenomeni di doppia deduzione dello stesso componente negativo di reddito (D/D) prevedono che la deduzione del componente negativo di reddito è negata prioritariamente nello Stato di residenza dell’investitore. Nel caso di assenza di norme anti-ibridi in tale Stato, la deduzione può essere contestata dal Paese del pagatore. Le nuove misure si applicheranno a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.
Lo schema di Dlgs sulla disciplina antielusiva