Crac Lehman, va risarcito l’investitore a basso rischio
Va risarcito l’investitore al quale la banca, a febbraio 2008, consigliava le obbligazioni Lehman Brothers malgrado la sua bassa propensione al rischio e la grave situazione economico finanziaria della società emittente. Per la Corte di cassazione ( ordinanza 15936 ) l’intermediario finanziario era venuto meno ai suoi obblighi informativi non chiarendo al cliente - che generalmente comprava Bot - la differenza tra le operazioni pronti contro termine e le obbligazioni emesse da una banca d’affari americana, che operava in un mercato in crescente difficoltà a causa della crisi dei mutui subprime.
L’istituto di credito, anche in sede di giudizio, nega l’assunto della Corte d’Appello sul maggior rischio delle obbligazioni in questione rispetto ai pronti contro termine. Per la ricorrente, questi ultimi presenterebbero una doppia incognita: al rischio dell’emittente si aggiungerebbe anche quello della “controparte”, per la possibile dichiarazione di default della banca con la quale l’investitore conclude i contratti. Nel caso in cui ad andare in default fosse l’intermediario dei pronti contro termine, gli effetti sarebbero, infatti, identici a quelli che si verificherebbero con il “crac” a seguito dell’acquisto di titoli azionari. E l’unica differenza riguarderebbe la durata dell’investimento: un aspetto chiarito all’investitore.
Ma la Suprema corte non è d’accordo e contesta la violazione di più di un onere di informazione a partire da quello sull’adeguatezza «posto che il dovere di astensione dell’intermediario, in caso di operazioni non adeguate, deve ritenersi operante con riferimento a qualsivoglia servizio di investimento, ivi inclusa l’ipotesi di mera ricezione di ordini, ed anche nel caso in cui l’investitore abbia già effettuato in precedenza operazioni rischiose».
Per i giudici è provato anche il nesso tra le perdite subìte, di circa 100 mila euro, e l’inadempimento dei doveri di informazione. L’affermazione della banca, secondo la quale anche quando, nell’estate del 2008, l’investitore era venuto a conoscenza della situazione prossima al tracollo delle banca privata Usa, aveva deciso di non disinvestire. Una tesi smentita dalle dichiarazioni del cliente che era stato rassicurato dall’intermediario, sulla base di due soli elementi già evidenziati al momento dell’acquisto: l’inserimento dell’obbligazione nell’elenco predisposto dal Consorzio “Patti chiari” e l’elevato rating del titolo. La scelta era dunque il frutto di un “suggerimento”.
Cassazione, I sezione civile, ordinanza 15936 del 18 maggio 2018