Controlli e liti

Dalla Cassazione un assist per riaprire la partita sul ravvedimento in caso di reati tributari

di Antonio Zappi


La chiave di volta per aprire con equilibrio alla legittima resipiscenza anche di comportamenti originariamente considerabili come «caratterizzati da un grado di intrinseca antigiuridicità» potrebbe essere affidata alla circostanza che eventuali fatture indagabili per falsità siano espunte dalla dichiarazione dei redditi prima dell’avvio del sostanziale controllo dei verificatori. Immediatezza nel ravvedimento delle fatture false e contestuale presentazione di dichiarazione integrativa a sfavore attestante in maniera inequivoca la volontà di non persistere nell’«errore» dichiarativo. Che tale, quindi, sarebbe ancora considerabile (anche ai fini del ravvedimento) se non ancora contestato con un controllo fiscale, poiché presentando più dichiarazioni nei termini di legge assumerebbe rilevanza non già la prima dichiarazione presentata, ma quella successiva ormai priva di ogni fine evasivo, con ciò bilanciandosi legittimità ed i diversi interessi in gioco da tutelare.

Potrebbe essere questa la strada per aggiornare la posizione espressa nel corso del Telefisco sia dalle Entrate che dalla Guardia di Finanza , in tema di impossibilità di ravvedimento operoso della falsa fatturazione, alla luce della sentenza 5448/2018 del 6 febbraio scorso , con la quale la Suprema corte ha affermato in maniera netta che è possibile aderire al ravvedimento operoso anche in caso di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture false, mettendo in evidenza che, sebbene motivato dal meritorio obiettivo di rendere la vita difficile alle condotte fraudolente, quanto categoricamente interpretato dal Fisco non sembrerebbe coincidere sia con l’articolo 13 del Dlgs 472/1997, sia con la formulazione del vigente articolo 13-bis del Dlgs 74/2000.

Confermare, quindi, solamente i contenuti della circolare 180/E/1998, ovvero che il concetto di «errore ed omissione» non possa riferirsi a violazioni connotate dalla fraudolenza (in quanto nozioni che rimanderebbero solo all’idea di colpa semplice, ad una dimenticanza, ad un mero errore di calcolo, di trascrizione, di imputazione reddituale o di qualificazione giuridica) non sembra sufficiente per chiudere ogni criticità su questioni aperte da quasi vent’anni e che oggi sembrerebbero risolvibili. Anche perché, pur a voler ammettere che un errore non possa che essere colposo, non vi è invece alcun dubbio che un’omissione possa anche includere strategie dolose. Le frodi vanno severamente contrastate, ma, poiché questo non può rischiare di avvenire contra legem, al Fisco spetta ora il delicato compito di fare proporzionata sintesi tra una posizione comprensibilmente prudente ed un orientamento giurisprudenziale che, ovviamente, non può non consentire ciò che è la stessa legge a prevedere.

L’amministrazione finanziaria, filtrando la colpevolezza caratterizzante le condotte fraudolente, potrebbe definitivamente inaugurare una stagione più avanzata della tax compliance e formulare una legittima apertura al ravvedimento operoso anche di condotte fraudolente, a quel punto addirittura favorendo l’Erario nella percezione del debito d’imposta, non per clemenza, ma con giustizia.

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