Debiti con patronage: sulla sentenza stop al registro fisso
La sentenza di risarcimento danni sconta l’imposta di registro in misura proporzionale se il rapporto controverso non è assoggettato a Iva. In simili ipotesi va infatti esclusa l’alternatività Iva/registro. Ad affermarlo è la sentenza 192/2/2018 della Ctp Reggio Emilia (presidente e relatore Montanari), depositata lo scorso 12 ottobre.
Un Comune sottoscriveva per una società controllata una lettera di patronage, in base alla quale la stessa otteneva un finanziamento da una banca. Successivamente l’impresa falliva e l’istituto bancario citava in giudizio il Comune per ottenere la restituzione delle somme concesse. Il tribunale accoglieva la domanda e sulla base di tale sentenza l’ufficio notificava al Comune un avviso di liquidazione ai fini dell’imposta di registro, calcolata in misura proporzionale.
L’atto non veniva impugnato dal destinatario, il quale prima eseguiva il versamento di quanto richiesto, poi presentava istanza di rimborso. Quest’ultima era motivata sul fatto che, essendo il rapporto di mutuo tra la società (poi fallita) e la banca assoggettato ad Iva (sia pure esente ex articolo 10), per il principio dell’alternanza Iva/registro la sentenza del tribunale doveva scontare l’imposta in misura fissa e non proporzionale.
L’ufficio non accoglieva la domanda e il rifiuto veniva impugnato in Ctp sulla base della stessa motivazione contenuta nell’istanza di rimborso.
L’Agenzia si costituiva richiedendo l’inammissibilità del ricorso, ritenuto strumentale per contestare una pretesa già divenuta definitiva. In ogni caso l’ufficio controdeduceva le argomentazioni formulate dal Comune.
Quest’ultimo con le proprie memorie illustrative in particolare eccepiva l’inammissibilità dell’eccezione formulata dall’ufficio in quanto tardiva, dal momento che le controdeduzioni erano state depositate dopo circa un anno dall’instaurazione del giudizio, in violazione del termine dei 60 giorni (articolo 23, Dlgs 546/92).
I giudici preliminarmente hanno ritenuto fondata la violazione del termine, posto dalla norma a pena di decadenza dalla facoltà, tra l’altro, di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. In ogni caso, però, il ricorso è stato ritenuto infondato nel merito.
Secondo la Ctp, il fatto che il contratto di mutuo tra banca e società fosse stato assoggettato a Iva, seppur come operazione esente, era irrilevante rispetto al rapporto di garanzia instaurato tra l’istituto e il Comune. Tale rapporto non era, infatti, conseguenza di una relazione sinallagmatica, bensì di un impegno unilaterale dell’ente che ha poi condotto all’azione risarcitoria.
In proposito, la Cassazione ha precisato che il principio di alternatività Iva/registro, va riscontrato rispetto al rapporto tra il soggetto finanziato e il finanziatore, ma non tra quest’ultimo ed il garante. In sintesi tale principio opera solo quando si agisce per ottenere l’adempimento di un’obbligazione nascente da un’operazione soggetta ad Iva.
Ctp Reggio Emilia sentenza 192/2/2018