Controlli e liti

Definizioni liti pendenti, si paga il 5% solo con la doppia soccombenza dell’Agenzia

di Luigi Lovecchio

La definizione al 5% è ammessa solo se l’Ufficio è stato interamente soccombente in due gradi di giudizio. Tale condizione non sussiste né in caso di soccombenza parziale né qualora si sia formato un giudicato interno nel corso del giudizio che abbia determinato una soccombenza totale del Fisco. Non è inoltre possibile definire una lite originata da un’istanza di rimborso neppure qualora la stessa presupponga il mancato riconoscimento di una perdita d’esercizio. Con le risposte 174, 175 e 177, l’agenzia delle Entrate prosegue la risoluzione dei quesiti collegati alla definizione agevolata delle controversie pendenti, ex art. 6, Dl 119/2018, seppure fuori tempo massimo, considerata la scadenza di fine maggio.

Il caso oggetto della risposta 174 riguardava un contribuente che ha vinto in primo grado su tutto tranne che su di un rilievo relativo alla indeducibilità di una perdita su crediti. In appello, il contribuente risultava totalmente vittorioso. La Cassazione successivamente intervenuta cassava con rinvio alla Ctr. All’esito del giudizio di riassunzione, il contribuente risultava nuovamente vittorioso. L’Agenzia delle Entrate ricorreva nuovamente in Cassazione, senza tuttavia eccepire più nulla sulla questione relativa alla perdita su crediti. Il contribuente pertanto chiede se può definire la lite versando il 5% dell’imposta in contestazione, considerato che sulla materia ancora controversa vi è stata integrale soccombenza delle Entrate. La risposta dell’Agenzia è stata negativa, in continuità con gli ultimi precedenti in termini. È stato in particolare ribadito, come già espresso nel punto 2.4 della circolare 10/E/2019, che, ai fini dell’applicazione della previsione di favore, all’articolo 6, comma 2-ter, Dl 119/2018, occorre l’integrale soccombenza delle Entrate in tutti i gradi di giudizio, senza che a tal fine rilevi la formazione del giudicato interno. Quest’ultimo (il giudicato interno) incide sulla base di commisurazione della definizione ma non sui requisiti per accedere alla peculiare modalità di definizione al 5 per cento. Per stabilire la sussistenza della soccombenza integrale, bisogna confrontare il contenuto del ricorso originario con il dettato di ciascuna sentenza. Va altresì osservato, peraltro, come nella circolare 10/E/2019 sia stato ulteriormente rilevato che la mera sussistenza di una sentenza di Cassazione con rinvio alla Ctr, di per sé, in quanto pronuncia favorevole al Fisco, impedisce la sanatoria al 5%. Nei casi sopra rassegnati dunque la definizione si ottiene con il pagamento del 15% dell’imposta ancora in contestazione.

La vicenda narrata nella risposta 175 è di soluzione ancora più immediata. Viene descritta la situazione in cui l’Agenzia è risultata integralmente soccombente in primo grado e parzialmente soccombente in secondo grado. Si propone pertanto di chiudere la lite versando il 100% della quota in cui l’Erario è risultato vittorioso e il 5% della porzione favorevole al contribuente. Come già precisato nella circolare n. 6 del 2019, l’Agenzia ribadisce che presupposto per l’applicazione del ridetto comma 2 ter dell’articolo 6 è la soccombenza completa del Fisco in tutti i gradi di giudizio. Sempre nella medesima circolare n. 6 è stato fatto notare che il criterio della separata commisurazione dell’importo della definizione, in ipotesi di soccombenza parziale, riguarda esclusivamente le percentuali indicate nel comma 2 dell’articolo 6, Dl 119/2018, (e cioè, il 40% e il 15%) non anche quella di cui al successivo comma 2 ter. Da qui la risposta negativa dell’Amministrazione finanziaria.

L’ultima risposta (la 177/2019 ) attiene una fattispecie piuttosto articolata, ma anch’essa di semplice soluzione finale. Un contribuente presenta una dichiarazione per l’anno 2011 che non considera la perdita fiscale derivante dall’agevolazione “Tremonti ambiente”. Per rimediare all’errore, lo stesso propone una istanza di rimborso delle somme versate indebitamente. In epoca ancora successiva, il contribuente presenta una dichiarazione rettificativa di quella riferita al 2011, al fine di far emergere la perdita fiscale che viene utilizzata in compensazione dai redditi delle annualità 2012 e 2013. Nei riguardi di tali annualità, e anche di quelle successive in cui l’utilizzo della perdita è proseguito, l’Ufficio notifica degli avvisi di irregolarità e quindi delle cartelle di pagamento. Avverso sia il silenzio rifiuto sulla originaria istanza di rimborso sia le predette cartelle di pagamento viene proposto ricorso.

Si chiede quindi se sia possibile definire la lite afferente l’istanza di rimborso al fine di conseguire l’”affrancamento” della perdita d’esercizio non riconosciuta. La risposta è stata ovviamente negativa sulla scorta della circostanza che nella specie l’oggetto della controversia non è rappresentato da un atto impositivo recante una pretesa tributaria. Viene inoltre ribadito quanto già esposto nella risposta n. 165 in ordine alla portata definitoria dei condoni che comprende i soli debiti e non anche i crediti del contribuente.

Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 174/2019

Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 176/2019

Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 177/2019

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