Imposte

Detrazione Iva, i nodi delle fatture tardive

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

Il termine per l’esercizio del diritto di detrazione decorre dal momento in cui è soddisfatta una duplice condizione: si è manifestata l’esigibilità dell’imposta e il cessionario/committente ha ricevuto la fattura.

La circolare 1/E/2018 dell’agenzia delle Entrate sdogana così un’interpretazione favorevole al contribuente che, nella sostanza, dà più tempo per detrarre l’Iva rispetto a quanto emerge da una lettura rigida dell’articolo 19 del Dpr 633/1972, come modificato dal decreto legge 50/2017.

Quindi, il diritto di detrazione può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno nel quale è stata ricevuta la fattura, dal momento che questa condizione è quella che, di norma, si verifica in un secondo momento. E questo, in base a quanto confermato dalle Entrate, anche con la presentazione di una dichiarazione integrativa.

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I contribuenti dovranno fare molta attenzione alla “gestione” della data di ricezione dei documenti e, soprattutto, a come eventualmente provarla. Sul punto la circolare 1/E pare assumere una posizione “blanda”, affermando che la ricezione deve emergere (se non risulta da Pec o da altri sistemi che attestino la ricezione del documento, come, si ritiene, anche una semplice email) da una corretta tenuta della contabilità, rinviando a quanto previsto dall’articolo 25 circa l’obbligo del contribuente di numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali ricevute.

Si ricorda che in passato (risoluzioni 93/E e 153/E del 2000) era già stato evidenziato che «il numero progressivo di registrazione assicura l’ordinata rilevazione dei documenti, mentre il numero di protocollo in arrivo assicura l’univocità dell’annotazione». Il tutto, considerando che «nessuna norma espressa stabilisce che il numero di registrazione sul registro Iva deve coincidere con il numero di protocollo di ricezione».

Si pone quindi il problema delle fatture ricevute entro il 16 del mese successivo a quello di emissione/esigibilità; e va capito se il principio abbia valenza generale e non solo nel caso dei mesi di dicembre-gennaio. Infatti, così ragionando, per la fattura di febbraio, ricevuta il 10 marzo, il diritto di detrazione potrebbe essere esercitato nella liquidazione del 16 aprile in relazione al mese di marzo.

Invece, l’articolo 1 del Dpr 100/1998 dà la possibilità di computare nella liquidazione periodica l’imposta relativa ai documenti di acquisto (del mese precedente) di cui il contribuente è in possesso alla data di effettuazione della liquidazione e per i quali viene esercitato (con riferimento al mese precedente) il diritto alla detrazione.

In questo modo, quanto stabilito da una norma verrebbe “sorpassato” da una circolare interpretativa, documento peraltro redatto anche con l’intentodi “sistemare” la non proprio felice formulazione dei nuovi articoli 19 e 25 del Dpr 633/1972.

Considerando tutto ciò, si potrebbe anche sostenere che quanto affermato dalla circolare miri a “gestire” gli sfasamenti di fine anno – anche se, con la fatturazione elettronica dal 2019, il problema non sussisterà più – e non sia estendibile, in via generale, alle liquidazioni del medesimo periodo d’imposta. Peraltro, gli esempi riportati nella circolare non si riferiscono mai a situazioni diverse da quelle “a cavallo” d’anno.

Inoltre, l’articolo 25 del Dpr 633/1972 pare fare riferimento al momento della ricezione del documento (anno) per individuare la dichiarazione nella quale esercitare il diritto di detrazione. È quindi auspicabile, anche per evitare ulteriori penalizzazioni, che l’Amministrazione ammetta questa impostazione.

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