E-fattura, il pagamento dei carburanti con vaglia rallenta la dematerializzazione
Sebbene per il settore dei subappalti e per alcuni tipi di cessioni di carburante sia già in vigore, l’obbligo di fatturazione elettronica al via dal 1° gennaio 2019, che interesserà la totalità delle operazioni di acquisto e cessione effettuate tra soggetti residenti in Italia, sta avvicinandosi e con esso la necessità di fare chiarezza su alcuni aspetti pratici della sua disciplina, in particolare qualche riflessione merita il binomio pagamenti elettronici/fatture elettroniche.
Quel che viene naturale aspettarsi da tale rivoluzione “elettronica” è che alla digitalizzazione dei processi di fatturazione corrisponda altrettanta dematerializzazione dei processi di pagamento delle fatture: ebbene, così non è.
Ricordiamo che i commi 922 e 923 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2018 (legge 205/2017) avevano previsto, con particolare riguardo agli acquisti di carburante per autotrazione, una forte limitazione dell’utilizzo del contante, aprendo al pagamento esclusivamente mediante strumenti elettronici quali carte di credito, carte di debito o carte prepagate, ciò, inizialmente, sia ai fini della detrazione Iva che per la deduzione del costo ai fini delle imposte dirette.
L’agenzia delle Entrate, tuttavia, nell’individuare qualsiasi «altro mezzo ritenuto parimenti idoneo» alla detrazione dell’Iva, così come consentito dal comma 923, con il provvedimento prot. n. 73203 del 4 aprile 2018 ha pensato di allargare il raggio di azione anche a sistemi di pagamento per così dire “tradizionali”, senza dubbio anacronistici. Gli stessi strumenti, viene poi specificato, sono atti a consentire la deducibilità della spesa ai sensi del Tuir.
Per chiarire, dunque, dal 1° luglio 2018, per poter detrarre l’Iva e dedurre il relativo costo dell’acquisto del carburante per autotrazione occorre utilizzare i seguenti mezzi di pagamento:
•gli assegni, bancari e postali, circolari e non, nonché i vaglia cambiari e postali di cui, rispettivamente, al regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736 e al decreto del presidente 9 della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144;
•quelli elettronici previsti all’articolo 5 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, secondo le linee guida emanate dall’agenzia per l’Italia digitale con determinazione 22 gennaio 2014, n. 8/2014, punto 5, tra cui, a titolo meramente esemplificativo: addebito diretto; bonifico bancario o postale; bollettino postale; carte di debito, di credito, prepagate ovvero di altri strumenti di pagamento elettronico disponibili, che consentano anche l’addebito in conto corrente.
Certamente desueto può considerarsi l’utilizzo dei vaglia cambiari e postali nell’acquisto del carburante per autotrazione, specialmente se si pensa a quello effettuato presso i distributori stradali. Prendiamo ad esempio il vaglia postale: chi effettua il pagamento tramite tale strumento dovrebbe compilare il modulo di vaglia e consegnare il denaro non al distributore bensì allo sportello di un ufficio postale.
Al termine di questa operazione parte la comunicazione al destinatario (distributore) che la riceverà a mezzo della posta e con questa dovrà recarsi (insieme a un documento di riconoscimento) per l’incasso presso un ufficio postale.
Se non bastasse, le commissioni di invio a carico del mittente di un vaglia postale sono di 6 euro, se emesso allo sportello, non recuperabili con il credito di imposta di cui al comma 924 poiché il bonus è consentito solamente in relazione all’utilizzo di sistemi di pagamento elettronici.
Sulla tracciabilità del “pagherò” quale mezzo di pagamento non vi è dubbio, sulla fruibilità dello stesso a rappresentare un mezzo utile, veloce e “moderno” nell’era della fattura elettronica e del pagamento wireless o tramite smartphone (vedi circolare GdF prot. 114153/2018 e circolare 8/E/2018) qualche perplessità rimane.