Imposte

Esecuzione bloccata e mutuo «limitato» al valore dell’abitazione

di Nicola Soldati

Nell’ambito delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento uno dei temi maggiormente ricorrenti e delicati è costituito dalla rilevante difficoltà per il consumatore di fare fronte alle obbligazioni assunte, tra cui, in particolare, quelle derivanti dalla stipulazione di un contratto di mutuo a seguito delle proprie mutate condizioni economiche.

Infatti, a titolo esemplificativo, è tutt’altro che infrequente che, a seguito della perdita del proprio impiego, il consumatore si trovi nell’impossibilità di pagare regolarmente le rate mensili originariamente concordate con la banca all’atto della stipula del contratto.

Si pone, quindi, il tema di utilizzare una delle procedure previste dalla legge 3/2012 in modo da consentire al consumatore di onorare, per quanto possibile, il debito contratto senza correre il rischio di subire un’azione esecutiva immobiliare che abbia come esito finale la perdita dell’unico bene immobile, adibito ad abitazione di residenza, a seguito della vendita coattiva dello stesso.

Dall’analisi della giurisprudenza sviluppatasi, si può affermare legittimamente come stia trovando sempre maggiore spazio in alcuni tribunali un orientamento che consente al consumatore di ottenere, da un lato, una riduzione dell’importo della rata mensile e, dall’altro, la possibilità di mantenere la proprietà del bene immobile, evitando ovvero impendendo, in questo modo, la prosecuzione dell’azione esecutiva intrapresa dalla banca creditrice.

Il Tribunale di Reggio Emilia con il decreto 507/2017, verificata la fattibilità della proposta formulata, ha omologato un piano del consumatore nel quale ha consentito al ricorrente di bloccare l’azione esecutiva in corso con il soddisfacimento integrale in prededuzione di tutte le spese di procedura e di esecuzione, autorizzandolo al pagamento, per tutta la residua durata del contratto di mutuo, pari a venti anni, di una rata mensile più che dimezzata rispetto a quella originariamente pattuita in sede di stipula con la banca, fino al raggiungimento del valore di mercato del bene garantito, estinguendo in questo modo il 45% dell’originaria esposizione debitoria.

Il passaggio chiave che si legge nel decreto di omologa è rappresentato, quindi, dalla valutazione comparativa effettuata dal tribunale tra il valore corrente di mercato del bene immobile e il residuo debito del consumatore nei confronti dell’istituto di credito, con un pagamento rateale in grado di coprire integralmente il valore di mercato del bene stesso, compatibilmente con le capacità economiche del ricorrente.

In altri termini, il tribunale ha valutato, ai fini dell’omologa, l’alternativa liquidatoria derivante dalla prosecuzione dell’azione esecutiva, ovvero da un’eventuale liquidazione del patrimonio proponibile dal consumatore nell’ambito degli strumenti messi a disposizione dalla legge 3/ 2012 e ha concluso per la convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria che, nel caso di specie, avrebbe consentito alla banca di incassare una somma inferiore a quella proposta e con maggiori costi di procedura.

Tribunale di Reggio Emilia, decreto n.507 del 10 gennaio 2017

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