Controlli e liti

Esterovestizione, il registro è sempre proporzionale

di Enrico Holzmiller

Imposta di registro proporzionale per conferimenti effettuati nei confronti di soggetti stranieri in ipotesi di esterovestizione. È la conclusione alla quale arriva la sentenza 4717/2018 della Ctr Lombardia.

La figura dell’esterovestizione è finalizzata ad attrarre a tassazione in Italia soggetti giuridici solo formalmente stabiliti all’estero. Questa attrazione può avvenire in presenza di almeno uno tra questi requisiti: sede legale, sede dell’amministrazione od oggetto principale nel territorio dello Stato.

Tra i punti più delicati c’è la sede dell’amministrazione, identificata come «direzione effettiva»: spesso gli uffici allargano questo concetto includendo, oltre all’attività «day by day», anche quella, di carattere strategico, riferita alla direzione e coordinamento, così coinvolgendo potenzialmente ogni holding italiana che detenga partecipazioni all’estero. Fortunatamente, la prassi di riferimento (Assonime, focus del 13 novembre 2015) e parte della giurisprudenza si sono pronunciate in contrasto con questa tesi.

Un altro aspetto particolarmente delicato riguarda la rilevanza penale dell’esterovestizione. Accade spesso che, a seguito di una verifica che attesti l’esistenza dei presupposti già richiamati, l’ufficio proceda a inoltrare denuncia per reato di omessa dichiarazione. Vi sono, tuttavia, posizioni giurisprudenziali contrarie, che attribuiscono rilevanza penale solo ai casi di chiara artificiosità della sede estera. In questo contesto, troviamo la recente sentenza 4717/2018 emessa dalla Ctr Lombardia.

Il tema affrontato dai giudici lombardi riguarda l’applicazione dell’imposta di registro con tassa fissa per conferimenti effettuati nei confronti di soggetti stranieri in ipotesi di esterovestizione. Il caso è riferito a un conferimento di immobili e titoli finanziari, effettuato da soggetto italiano (persona fisica) in una newco lussemburghese, per il quale è stata applicata la disposizione appena richiamata, sottoponendo quindi l’operazione a tassa fissa.

L’ufficio, in prima battuta, ha sottolineato l’esistenza di elementi atti a provare l’esterovestizione della società lussemburghese, che possono essere così riassunti:

le quote della società estera risultavano possedute quasi interamente dal soggetto conferente, residente in Italia;

la società lussemburghese non risultava aver acquisito nessun altro asset immobiliare, oltre a quelli conferiti dal socio;

gli immobili conferiti risultavano interamente collocati in Italia.

Trattandosi di esterovestizione – sempre secondo l’ufficio –, la società lussemburghese non poteva ritenersi estera, venendo meno un requisito essenziale per l’applicazione della tassa fissa. Si sarebbe trattato di un’operazione finalizzata a un risparmio di imposta, che giustificava l’emissione di un avviso di liquidazione con applicazione di imposta di registro in misura proporzionale.

I ricorrenti hanno eccepito che l’articolo 73 del Tuir, richiamato dall’ufficio, in quanto riferito alle imposte dirette non avrebbe nulla a che vedere con la disposizione in tema di imposta di Registro, in particolare con l’articolo 4 Nota IV, Tariffa parte prima allegata alla legge 131/86, che fa unicamente riferimento alla sede legale e amministrativa della società, senza alcun riferimento ad impulsi volitivi sull’attività ordinaria di matrice italiana.

I giudici lombardi seguono un approccio sostanziale, focalizzato sulla «sede effettiva», che porta – in questo caso - ad accogliere le ragioni dell’ufficio. Essi ricordano che nel nostro ordinamento, anche prima dell’introduzione della disposizione normativa in tema di abuso del diritto (ovvero negli anni oggetto dell’avviso di liquidazione contestato), sussisteva una clausola generale antielusiva, applicabile a tutti i tributi, elaborata dalla giurisprudenza della Cassazione. Le prove fornite dall’agenzia delle Entrate circa la sussistenza di una società esterovestita risultano sufficienti a delineare l’esistenza di un’operazione elusiva che, avendo carattere generale, come tale ha un’efficacia anche nell’ambito dell’imposta di registro.

Questa decisione risulta in linea con la più recente corrente giurisprudenziale, e segue in particolare sentenze di analogo tenore emesse dalla stessa Ctr Lombardia (1265/21/18 del 23 marzo 18) e dalla Ctr Toscana (933/1/18 del 16 maggio 18).

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